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Acufene. Quel suono invisibile che rende la vita impossibile.

Acufene

 

L’ acufene, o tinnito, è una condizione disalute cronica in grado di alterare significativamente la qualità della vitadelle persone che ne soffrono.

 

Percezione uditiva di suoni nell’orecchio e/o nella testa inassenza di uno stimolo esterno, il quale produce spesso una condizione diestremo fastidio e disagio emotivo, influendo in modo significativo sul sonno e la concentrazione al punto che, in alcunisoggetti, diventa difficile svolgere le più comuni attività quotidiane (Andersson,Baguley, McKenna & McFerran, 2012; Davis& El Refaie, 2000).

 

La comorbilità con ansia e depressione è significativa, con livelli più alti rispetto allapopolazione sana (Andersson, 2002), determinando importanti ripercussioni sullaqualità della vita e la stessa partecipazione alle più importanti attivitàquotidiane (lavoro, relazioni, attività quotidiane). Queste sensazioni sono spesso descritte come fischi, sibilio ronzii e si accentuano nei momenti in cui ci si trova in spazi chiusi, incondizione di silenzio o durante la notte. Il suono è definito anche “suono fantasma”, non corrisponde ad unsuono “fisicamente” presente ma il risultato di una lesione alle strutture interneall’orecchio, potremmo definirlo quasi come un rumore di fondo. Ogni personaavverte questi suoni con tonalità e volumi diversi, la sua percezione avvienein un solo orecchio, a volte in regione centrale. La sua percezione èamplificata da molteplici fattori, alcuni di questi sono noti (emotivi,fisiologici e climatici) altri meno noti ed incerti. Possono presentarsi periodidi totale o parziale remissione ma con un andamento soprattutto cronico nelcorso della vita.

 

 

Trattamento

 

Il trattamento risulta spessodifficile per ovvi motivi, sia di natura diagnostica (difficoltà ariconoscerlo) che per la natura limitata delle terapie, le quali spessoinefficaci ed il cui effetto è soltanto palliativo. La maggior parte delleterapie, infatti, mira ad alleviare lo stress dovuto alla componente emotiva ea modificare gli atteggiamenti psicologici che la persona ha sviluppato neiconfronti del disturbo: convinzionipersonali, fusione cognitiva, azioni infattibili, evitamento esperienziale.

Sebbene l’acufene sia un disturbo di natura organica, sarebbe opportunoparlare di “disturbo da acufene”.Nonostante il fastidio dovuto alla percezione sensoriale, la componente dimaggiore stress e sofferenza è una conseguenza diretta dell’atteggiamento chela persona sviluppa nei confronti di quel suono persistente.  Tra gli innumerevoli approcci e terapie, ha avutodiscreto successo e diffusione la cosiddetta “ Tinnitus retraining therapy oTRT”, una forma di terapia il cui obiettivo è quello di promuovere l’ assuefazioneallo stimolo sonoro. Nonostante i discreti risultati, i clinici hannocontinuato a ricercare approcci che promuovessero un atteggiamento diverso neiconfronti del suono e della sofferenza provocata, consapevoli comunque che lastrada aperta dalla terapia TRT fosse quella da continuare a percorrere, ma conle dovute varianti. La TRT, infatti, mostrava dei limiti rispetto all’atteggiamentocognitivo ed emotivo che la persona continuava a mantenere nei confronti dellostimolo sensoriale, un atteggiamento di lotta e controllo che determinava unvissuto emotivo stressante tanto quanto lo stimolo sonoro. L’approcciocognitivo comportamentale, soprattutto la sua evoluzione di terza generazione(ACT), si è dimostrato intervento d’elezione per questo tipo di patologia. Unaricerca condotta nel 2011 da Westin[1]e collaboratori ha messo a confronto i due approcci per valutarne la maggiore ominore efficacia. Si sono messi a confronto un trattamento TRT suddiviso in piùsessioni: una di 150 minuti, un follow-up di 30 minuti ed il trattamento giornalierodel generatore portatile di suoni per un periodo di 8 ore al giorno per almeno18 mesi. La terapia ACT, invece, consisteva in 10 sessioni da 60 minuti. I pazientivenivano assegnati casualmente ad una delle due condizioni messesuccessivamente a confronto con un ulteriore gruppo controllo di soggetti inlista d’attesa per il trattamento. Al termine delle sessioni di trattamento, i dueapprocci hanno mostrato percentuali di miglioramento differenti rispetto al gruppocontrollo, soprattutto sulle dimensioni ansia e qualità del sonno: 54,5 % laterapia ACT contro il 20% di miglioramento della terapia TRT. La ricercasuggerisce che l’approccio ACT è in grado di ridurre significativamente l’impattodello stimolo sonoro sulla qualità di vita del paziente.

In che modo opera la terapia ACT?

 

L’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), unodei più importanti approcci cognitivo-comportamentalimindfulness-based; propone un modellodi terapia che abbandona ilproposito di modificare, eliminare, ridurre l’esperienza spiacevole promuovendola possibilità del “lasciare andare” “lasciare spazio” ad ogni aspettodell’esperienze interna. Tale atteggiamento, espressione di un’abilità specifica (flessibilità psicologica) viene appresa edallenata nel setting terapeutico attraverso uno specifico training tra cuila mindfulness. Grossolanamente, la mindfulness è descritta come la capacitàdi rinunciare “attivamente” (acceptance) ad ogni forma di controllo neiconfronti di pensieri e sensazioni ritenuti “pericolosi” scegliendo di assumere,piuttosto, un atteggiamento nuovo, accogliente, diverso, nei confronti di tuttoquello che produce ed ha prodotto sofferenza. A tal proposito, potrebbe essereutile una metafora che rende bene l’idea di tale processo: secondo l’ACT, il dolore è similea ciò che accade se ci trovassimo intrappolati nelle sabbie mobili: tanto piùsi lotta, dimenandosi ed agitandosi, tanto più si verrà risucchiati verso ilfondo. La migliore strategia, per evitare di soccombere, è piuttosto quella diinterrompere ogni tentativo di lotta, di fuga dalle sabbie mobili. Èdimostrato, infatti, che maggiore è la superficie coperta con il proprio corpo(aprendo braccia e gambe verso l’esterno) maggiore è la probabilità che sismetta di sprofondare verso il basso. L’ACT propone proprio questoatteggiamento nei confronti del dolore, smettere di lottare facendo spazio aquello che non possiamo controllare anche se vorremmo che scomparisse. Ilprincipio di base è che il dolore fa parte esso stesso della vita. Sono duedimensioni interconnesse e non scindibili l’una dall’altra.

Incondizioni normali, l’essere umano reagisce al dolore ed alla sofferenzatentando di ridurlo o evitarlo. Il dolore non è dato soltanto da una condizionepatologica o da una sofferenza organica, la nostra mente interpreta come doloreanche le emozioni intense come rabbia,ansia, e tristezza. In tal senso, reagisce agli stati emotivi comereagirebbe di fronte al dolore o ad un pericolo, con strategie di evitamento ofuga (evitamento esperienziale). Nell’ambito di un disturbo da acufene,l’individuo è coinvolto in un processo molto più ampio di quanto possacredersi. Di solito, all’inizio del disturbo, nessuno ha mai fatto esperienzesimili. La presenza di questa “suono” genera una condizione di allarme el’attivazione di un ampio ed intenso repertorio emotivo mediato da alcunineurotrasmettitori (catecolamine) tracui, il più comune, l’adrenalina. Èquesto il momento in cui la nostra mente associa (condizionamento) il suono ad una condizione di sofferenza. Daquesto momento in poi, per effetto del processo di generalizzazione, sarà sensibili non solo al suono presente inmente ma a tutti gli altri suono simili, sia interni che esterni. Vieneattivato un costante “monitoraggioacustico” dirottando un’ampia quota di attenzione a tutti i suoni presentinel contesto in cui si trova la persona, e di conseguenza uno stato di allertanei confronti dei vissuti emotivi che inevitabilmente emergono durante ilprocesso di monitoraggio (azioniinfattibili). Questo atteggiamento ha delle importanti ripercussioni sullavita del soggetto: per evitare la comparsa di nuove sensazioni, o emozionidolorose, seleziona i luoghi e le circostanze in cui trovarsi. In tal modo, lavita del soggetto si impoverisce di importanti opportunità relative, peresempio, al lavoro, al contesto delle relazioni, allo studio ed al divertimento(evitamento esperienziale). L’interoprocesso legato al disturbo da acufene è consolidato attorno a specificheconvinzioni che si sviluppano grazie alla capacità della nostra mente didedurre relazioni arbitrarie tra gli eventi di cui è protagonista (Derived Relational Responding). Cosìcome descritto dalla Relational Frame Theory (RFT), l’apparato teorico allabase dell’ Acceptance and Commitment Therapy (ACT), gli esseri umani(linguisticamente competenti) sviluppano di continuo visioni ed interpretazionidella realtà che animano la loro esperienza mentale sotto forma di immagini,pensieri, ricordi. Questi contenuti verbali, per via delle caratteristichedella nostra mente, la quale confonde ciò che esiste solo nella nostra mentecon quello che esiste realmente nel mondo esterno (fusione cognitiva), determinano specifici vissuti emotivi ai qualil’individuo reagisce con un repertorio di azioni ed atteggiamenti coerenti alleconvinzioni:

 

“Sepenso che, andando in un locale starò male per via di alcuni suoni presentinell’ambiente, probabilmente, prima di entrare nel locale proverò uno stato dimarcata ansia e di conseguenza potrei scegliere di non entrare”.

 

Leconvinzioni personali sono regole che guidano l’agire umano (rule governed behavior) e rendono gliindividui insensibili alle contingenze (a ciò che esiste realmente fuori).Alcune di esse sono molto comuni a tutti gli esseri umani, altre sonospecifiche in alcune tra le più diffuse forme di sofferenza psicologica, anchenel disturbo da acufene.

 

“Non sarò mai felice”

“Non smetterò mai di provarequesto suono”

“Non sarò mai felice”

“Se non riesco a gestirequesto disturbo non potrò mai vivere normalmente la mia vita”

“Dovrò sempre stare attentoai suoni presenti nella stanza, altrimenti soffrirò”

 

Nellavoro con soggetti affetti da acufenesi prende in considerazione non solo la componente organica ma soprattutto quellacognitiva (pensieri e convinzioni) che sottende al disturbo e mantiene un ampiorepertorio di comportamenti ed atteggiamenti disfunzionali che amplificanoulteriormente la condizione di disagio.

Obiettivodella terapia non è esclusivamente quello di ridurre i sintomi, quantopiuttosto di ampliare il repertorio comportamentale della persona al fine difavorire e garantire i più alti livelli di partecipazione ai contesti di vitaritenuti importanti, e che, inevitabilmente, la malattia tende a ridurre contribuendoalla comparsa di una concomitante sintomatologia ansioso depressiva.

Un’ottima risorsa, presenteanche in lingua italiana, per il trattamento ACT del dolore cronico è “Oltre il dolorecronico. Vivere in modo pieno e vitale - Franco Angeli: Milano, 2014”, manuale moltoutile sia agli operatori che a chi soffre della malattia in prima persona.

 

Bibliografia

 

-      Joanne Dahl, Tobias Lundgren. Oltre il dolore cronico.Vivere in modo pieno e vitale (titolo originale: Living Beyond Pain). FrancoAngeli: Milano, 2014

 

  


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