Disturbi da attacco di panico

Disturbo da attacco di panico rappresenta uno dei disturbi d’ansia maggiormente diffusi. La parola panico  indica una reazione di adattamento dell’organismo a circostanze ritenute pericolose e verso le quali si tenta di agire un’azione di fuga. Le circostanze temute non necessariamente

devono essere presenti e/o in una fase di svolgimento. La mente umana, infatti, reagisce attraverso il dialogo interiore a eventi e circostanze non imminenti, future o di dubbia realizzazione, come se invece fossero attuali. In questo caso non reagiamo al problema bensì all’ idea del problema . Immaginate, per esempio, di trovarvi comodamente seduti in poltrona e notare una leggera, ma evidente, accelerazione del battito cardiaco, oppure la sensazione di avere un respiro affannoso o un senso di leggerezza alla testa, tutti sintomi di uno stato di attivazione fisiologica, dovuta al normale funzionamento dell’organismo umano. La nostra mente però non riconosce questi sintomi come qualcosa di normale ed entra in uno stato di allerta e apprensione. Da questo momento in poi ognuna delle parole e pensieri che utilizziamo per descrivere la scena ( sto morendo, sto svenendo, mi manca l’aria ) hanno il potere di attivare uno stato di ansia che, associato alle iniziali sensazioni le amplifica scatenando l’attacco di panico e la reazione di estrema paura ad esso collegata. A questo punto, l’episodio del panico, comune per circa una persona su due nel corso della propria vita, si struttura come vero e proprio disturbo. L’attacco di panico, infatti, di per sé non è un disturbo ma una reazione normale di adattamento regalataci dal processo di evolutivo per gestire eventi che richiedono un’azione di fuga immediata e repentina. Diventa invece il sintomo principale del disturbo ( disturbo da attacco di panico ) nel momento in cui la persona, dopo aver sperimentato un primo attacco di panico, agisce nel tentativo di evitare che ne possano accadere altri, vista l’estrema drammaticità di quei momenti in cui si sperimenta di morire o impazzire. 

Criteri diagnostici

Il DSM5 descrive gli attacchi di panico come episodi d’improvvisa e intensa paura di solito della durata di 10 minuti accompagnati  da: 

- Palpitazioni, cardiopalmo, tachicardia; 

- Sudorazione 

- Tremori fini o grandi scosse 

- Dispnea o sensazione di soffocamento 

- Sensazione di asfissia 

- Dolore o fastidio al petto

- Nausea o disturbi addominali 

- Sensazione di sbandamento, instabilità, testa leggera o svenimento 

- Brividi o vampate di calore 

- Parestesie (sensazione di torpore o formicolio) 

- Derealizzazione (sensazione di irrealtà) 

- Depersonalizzazione  (percepire di essere distaccati da se stessi) 

- Paura di perdere il controllo o di impazzire 

- Paura di morire 

- Secchezza della bocca (ICD-10).

Possiamo   parlare   di  Attacco   di   panico   quando   sono   presenti   almeno   quattro   di   questi sintomi, in caso contrario parleremo di attacco paucisintomatico, d’intensità minore rispetto ad un attacco convenzionale. Questi  episodi sono  improvvisi  e brevi, ma nonostante  la loro breve vita, l’intensità che li caratterizza può essere tale da condizionare chi ne soffre, fino  ad  una   parziale  invalidità.  Quando  gli   attacchi   sono  ripetuti   e  ricorrenti  influenzano l’intera esistenza del paziente, si manifesta la preoccupazione non solo di avere un’altra crisi di panico ma anche possibili implicazioni e conseguenze degli stessi. Uno degli elementi fondamentali per la comparsa del disturbo è rappresentato dal fattore stress. E’ risaputo, infatti, che quando un organismo è sottoposto a eventi e circostanze percepiti   come   stressogeni,   gestiti   attivando   specifiche   reazioni   di   adattamento   quali   la fuga o la resistenza passiva, l’organismo risente di tale carico diventando meno abile a fronteggiare   eventi   e   circostanze   che   altrimenti   riuscirebbe   a   fronteggiare   in   modo   più efficace.   In   altre   parole,   seduti   su   quella   poltrona,   sono   maggiori   le probabilità di sviluppare il disturbo a seguito di quelle normali reazioni fisiologiche se quella persona sta vivendo   contemporaneamente   eventi   stressanti   quali   un   lutto,   una   perdita,   un cambiamento   rilevante.   Lo   stress   è   uno   dei   fattori   predisponenti   più   importanti   per   la comparsa del disturbo. 

Per la diagnosi del disturbo da attacco di panico il DSM 5 individua specifici criteri: 

- Attacchi di panico (vedi sopra) inaspettati ricorrenti 

- Almeno   uno   degli   attacchi   è   stato   seguito   da   1   mese   (o   più)   di   uno   (o   più)   dei seguenti sintomi:

  • preoccupazione persistente di avere altri attacchi 
  • preoccupazione   a   proposito   delle   implicazioni   dell'attacco   o   delle   sue conseguenze   (per   es.,   perdere   il   controllo,        avere un   attacco   cardiaco, "impazzire")
  • significativa   alterazione   del   comportamento   correlata   agli   attacchi   (per esempio   comportamenti   pianificati   al   fine   di   evitare   di   avere   attacchi   di panico come l’evitamento dell’esercizio fisico oppure situazioni non familiari) 

  

- L’alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o di un’altra condizione medica (per esempio ipertiroidismo, disturbi cardio-polmonari) 

- Gli attacchi di panico non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale (per esempio gli attacchi di panico non si verificano sono in risposta a una situazione sociale temuta, come nel disturbo d’ansia sociale; in risposta a un oggetto o a una situazione   fobica   circoscritti,   come   nella fobia   specifica;   in   risposta   a   ossessioni come   nel   disturbo   ossessivo-compulsivo;   in   risposta   al   ricordo   di   un   evento traumatico; oppure in risposta alla separazione delle figure di attaccamento, come nel disturbo d’ansia di separazione). 

Se fossimo in presenza di agorafobia la diagnosi sarà di disturbo da attacchi di panico con agorafobia,     in     alternativa,     l'entità     diagnostica sarà     di soltanto     agorafobia. Come nel caso della maggior parte dei disturbi d’ansia, quando il disturbo di è strutturato la   persona   agisce   specifici   comportamenti   ed   atteggiamenti   (protettivi),   nel   tentativo   di gestire   l’attacco   nel   momento   in   cui   esso   si   sta   presentando   o   nel   tentativo   che   esso possa accadere in futuro. 

Meccanismi Protettivi

I   meccanismi   protettivi   sono   specifiche   strategie   di   coping   (to   cope=fronteggiare   il problema) utilizzati dall’individuo al fine di far fronte ad una situazione rilevante ai fini del benessere personale :

- Evitamento delle circostanze ritenute in grado di scatenare un possibile attacco di panico (evitare   di   trovarsi   in   luoghi   affollati   come   un   supermercato,   o   luoghi   ristretti   quali   un ascensore); 

- Monitoraggio   dei   parametri   fisiologici   alla   ricerca   di   possibili   segni   che   possano annunciare   l’inizio   di   un   episodio   di   panico   (P.   es   utilizzare   l’apparecchietto   per   la misurazione della pressione arteriosa o contare il numero dei battiti cardiaci); 

- Richiesta continua di rassicurazioni e ricerca di supporto fisico allo svolgimento di attività ritenute pericolose nel tentativo di incrementare le possibilità di aiuto in caso di episodio di panico   (P.es   chiedere   ad   un   familiare   se   il   colorito   del   viso   è   normale,   ricercare informazioni su internet);

​- Adozione   di   un   nuovo   repertorio   di   abitudini   (alimentare,   ricreativo,   professionale)   nel tentativo   di   ridurre   le   probabilità   di   un   nuovo   episodio   di   panico.   (P.es   interrompere l’assunzione   di   caffè   o   iniziare   l’assunzione   di   prodotti   naturali   per   la   riduzione   della sintomatologia ansiosa);

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