Gioco d'azzardo patologico

Il giocatore eccessivo crede nei suoi metodi di gioco.  E’ convinto di possedere i mezzi e le capacità ma a breve scadenza finirà col perdere sempre più frequentemente. Convinto che si tratti solo di un cattivo momento transitorio, il giocatore si mette a puntare del denaro che non può permettersi di perdere, impegnando nel gioco somme necessarie alla sua vita quotidiana che servirebbero a pagare l’affitto, ad assicurare la sussistenza della sua famiglia, ecc. Il giocatore non gioca più per il piacere, e neppure per vincere, perché si sente obbligato a giocare per recuperare il denaro perso, dando il via al problema. Gioca più denaro di quello che aveva previsto, gioca più a lungo di quello che aveva preventivato, prende a prestito, o ruba il denaro per continuare a giocare. Il gioco è la sua vita. Consente una sorta di “fuga psichica” dalla realtà”, una fuga che lo protegge dai problemi del mondo esterno e lo aiuta a conviverci; il gioco è un modo per divertirsi con gli altri, ma anche un mezzo attraverso cui poter sperare di sistemarsi economicamente.” [1]

[1] Atti del Seminario sul gioco d’azzardo patologico – Prof. R. Ladouceur – Varese 8 Aprile 2003);

Il fenomeno in Italia

Il gioco d’azzardo è un business che produce un giro d’affari impressionante, esente da ogni possibile conseguenza della crisi finanziaria: nel 2017 gli italiani hanno giocato 101,8 miliardi di euro[1],5 miliardi in più rispetto al 2016. L’ Italia detiene un triste primato rispetto al gioco, rappresenta il paese con il più alto tasso di slot machine per abitante, una ogni 151 abitanti, a seguire Spagna (1/245) e Germania(1/261). Un dato preoccupante riguarda la percentuale di giovani coinvolti in questo pericoloso fenomeno: un milione i ragazzi tra i 15 e i 19 anni, ossia il36,9%; tra questi, la frequenza con cui giocano i ragazzi è maggiore rispetto a quella delle ragazze. Da una recente ricerca, condotta in collaborazione con il Cnr di Pisa, i giocatori problematici sarebbero circa 400 mila, con un trend in forte crescita rispetto agli ultimi 10 anni di circa 4 volte, complice anche la massiccia diffusione di nuovi e più accessibili canali di gioco tra cui le piattaforme di giochi on line.

Le caratteristiche del fenomeno

E’ come un rogo che brucia tutto, un vortice che risucchia tutto dentro, patrimonio, famiglia, lavoro, affetti. Fino a qualche decennio era identificato semplicemente come un vizio, un’abitudine pericolosa, certo, ma non abbastanza rilevante da spingere i governi delle più grandi nazioni a predisporre specifiche azioni legislative volte ad arginare il fenomeno e attivare, in campo sanitario, altrettanto specifiche linee guida e protocolli d’intervento al fine di ridurre le conseguenze del fenomeno sulla salute dei soggetti che ne sono colpiti. Ogg iè descritto tra le principali ed emergenti patologie psichiatriche e necessita, pertanto, di un adeguato e specifico trattamento clinico. L’approccio cognitivo comportamentale permette una risoluzione completa della sintomatologia ed il mantenimento nel tempo dei risultati raggiunti.

Approccio neuro-fisiologico

Al pari di molte psicopatologie, anche per il gioco d’azzardo patologico esiste una base fisiologica. I dati delle ricerche suggeriscono il coinvolgimento di più neurotrasmettitori nell’evoluzione psicopatologica del gioco d’azzardo: serotonina (responsabile della stabilizzazione dell’umore e della tendenza a non poter fare a meno del gioco), nor adrenalina (responsabile dell’eccitazione e dell’attitudine del soggetto ad adattarsi a situazioni nuove) dopamina (coinvolta nei meccanismi di gratificazione che spingono a ripetere un’azione nel caso in cui questa procuri piacere, grazie anche al coinvolgimento del sistema limbico). Proprio quest’ultima sostanza, e il malfunzionamento della rispettiva regione di produzione e controllo, determinerebbe un’alterazione del sistema di ricompensa, ragion per cui il giocatore necessita di una soglia di stimolazione ben più alta che nei giocatori occasionali. La tendenza all’impulsività, tratto distintivo dei giocatori eccessivi ma anche di tutti i Disturbi del Controllo degli Impulsi, sembra invece essere collegata a un deficit a carico delle zone nervose preposta al rilascio e controllo di serotonina. Il possibile ruolo chela serotonina riveste nell’eziologia del GAP deriva dall’ipotesi che essa, tra le sue funzioni, agisca come neuromediatore dell’attività del sistema nervoso centrale, e, secondo gli studiosi, avrebbe anche la proprietà di regolare i comportamenti impulsivi, inibendoli più o meno efficacemente (Ladouceur et al.,2000). La pratica del gioco stimolerebbe temporaneamente la neurotrasmissione della dopamina, che farebbe così diminuire le tensioni, e creerebbe una sensazione momentanea di piacere (ricompensa). Il giocatore, dunque, partecipa alle attività di gioco per ritrovare queste sensazioni. Periodi di gioco frequenti e prolungati comportano, come conseguenza, uno stato di disagio estremo che può essere ridotto solo intensificando le attività di gioco. La privazione temporanea e parziale di dopamina aumenta lo stato di tensione, e la stimolazione continua del sistema delle gratificazioni, grazie al gioco, permette di diminuire questa tensione. Tutte le sostanze d’abuso aumentano, direttamente o indirettamente, il rilascio di dopamina verso il nucleo accumbens e stimolano il rilascio di peptidi oppioidi endogeni in questa regione (Comings e Blum 2000).

Fattori di rischio

Diversi autori hanno riscontrato correlazioni positive tra i diversi fattori di rischio individuati nella pratica del gioco d’azzardo e lo sviluppo stesso della patologia. Molti studi confermano la rilevanza del gruppo di appartenenza nel determinare l’evoluzione da gioco saltuario (sociale) a gioco problematico o patologico. Una ricerca condotta nel casinò di Locarno e di Lugano (Molo Bellettini, Alippi, Wernli, 2000) ha evidenziato che il 41% delle persone intervistate si reca al casinò, solitamente, in compagnia di amici o colleghi; il 22% con il coniuge o partner, mentre il 29% preferisce andare da solo nelle sale da gioco.Un’ampia percentuale di quest’ultimi, il 38%, presenta problemi di gioco.Dall’analisi di questi dati emerge un’evidenza molto importante, a rischio sono soprattutto quei giocatori che si recano ai casinò in compagnia di persone che condividono la stessa pratica. Anche il fattore età sembra correlare positivamente con i rischi del gioco d’azzardo, chi si avvicina precocemente al gioco d’azzardo ha maggiore probabilità di sviluppare una condizione patologica cronica e resistente. Anche il contesto fisico in cui si gioca ha una grande rilevanza nella comparsa di una condizione di gioco patologica. Giocare d’azzardo, in un ambiente adibito a tale scopo, sembrerebbe rinforzare tale comportamento e aumentare il rischio che questo possa perdere i significati positivi legati al divertimento e alla socializzazione, per trasformarsi in comportamento problematico. Recarsi al casinò, per esempio, porta l’idea forte e radicata di poter vincere soldi e la possibilità di poter evadere dai problemi quotidiani, rifugiandosi in un luogo “altro” rispetto alla vita reale; in questo modo il luogo “altro” alimenta la dimensione immaginativa e di storta legata al gioco e che si rivela essere uno dei fattori di rischio per l’evoluzione disfunzionale delle proprie credenze. Inoltre, recarsi frequentemente in questi luoghi rappresenta un fattore di rischio che può avere un peso notevole sulla probabilità di sviluppare una patologia legata al gioco. La frequenza con cui ci si reca al casinò, infatti, sembra essere fortemente legata al tipo di giocatore (Molo Bellettini, Alippi, Wernli, 2000): il 61% dei giocatori che si recano quotidianamente al casinò, presenta problemi con il gioco, lo stesso vale per quel 51% di giocatori che vi si recano da 3 a 6 volte la settimana e per il 40%di coloro che frequentano le case da gioco 1 o 2 volte la settimana.Anche il tempo medio di una visita al casinò risulta legata al tipo di giocatore: si è riscontrata una media di 2 ore e 23 minuti per il giocatore problematico o patologico, contro 1 ora e 26 minuti per gli altri clienti (op. cit.). Se ne deduce che anche la variabile tempo costituisce un importante fattore predittivo. La frequenza delle scommesse è un altro campanello d’allarme: la frequenza dell’evento, cioè la frequenza delle possibilità di gioco, è uno dei fattori che contribuisce maggiormente allo sviluppo di problemi di gioco. Se partiamo dal presupposto secondo cui le dipendenze affondano le loro radici sulle gratificazioni e sulla velocità delle gratificazioni, più la frequenza dell’evento è alta, maggiore è la probabilità che l’attività possa essere causa di problemi di gioco. Pertanto, più ci sono gratificazioni, maggiore diventa la probabilità che tale attività diventi patologica.

Tipologie di giocatori

Giocare d’azzardo non significa necessariamente gioco patologico, per la maggior parte delle persone piuttosto rappresenta uno dei tanti passatempi e rimane una semplice attività sociale. Solo per una piccola percentuale di loro diventa un problema.

Alcuni autori hanno cercato di individuare alcuni elementi che siano in grado di definire, e quindi distinguere tra loro, il GiocatoreSociale, quello Problematico e quello Patologico.

E’ estremamente importante operare una distinzione tra le varie tipologia di giocatori. Il giocatore compulsivo si pone lungo un continuum che oscilla dal gioco occasionale, al gioco abituale, al gioco a rischio fino al gioco compulsivo. Di conseguenza, il giocatore d’azzardo patologico si posiziona lungo l’estremo ed è caratterizzato da una graduale perdita della capacità di auto limitare il proprio impulso a giocare, che finisce per assorbire, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando problemi secondari gravi che coinvolgono diverse aree della vita.

 

La classificazione che meglio rispecchia i criteri diagnostici per il gioco d’azzardo è quella realizzata da Dickerson e Fernandez. (Alonso Fernandez F., 1996, Dickerson M., 1993):

- Giocatore sociale che è mosso dalla partecipazione ricreativa, considera il gioco come un’occasione per socializzare e divertirsi e sa governare i propri impulsi distruttivi;

- Giocatore problematico in cui, pur non essendo presente ancora una vera e propria patologia attiva, dal comportamento ludico dipendono una serie di problematiche connesse alla sfera economica, interpersonale-familiare, psicologico-personale.

- Giocatore patologico in cui la dimensione del gioco è ribaltata in un comportamento distruttivo dal quale il giocatore non riesce più a sottrarsi ed in cui sono presenti anche altre serie problematiche psichiche;

- Giocatore patologico impulsivo in cui i gravi sintomi che sottolineano il rapporto patologico con il gioco d’azzardo sono talvolta più centrati sull’impulsività.

Il gioco d’azzardo nella sua dimensione problematica.

A differenza dei giocatori sociali, che riescono a interrompere il gioco in ogni momento in cui lo desiderino e senza che le eventuali perdite segnino l’animo del giocatore e ne condizionino la condotta, I giocatori problematici, al contrario, non riescono ad avere un controllo pieno del gioco: rischiano fortemente di diventare dei giocatori patologici, anche se non hanno ancorar aggiunto la fase della disperazione. Essere un giocatore patologico significa, invece, perdere completamente il controllo del proprio comportamento, tanto da non riuscire a fermarsi dal giocare, finché non si è perso tutto. Il gioco, in questo caso, compromette la vita affettiva, sociale e lavorativa della persona. Il gioco d’azzardo, nella sua dimensione problematica, identifica una pratica in cui non si è ancora instaurato il disturbo ma in cui vi sono tutte le premesse per cui questa avvenga. È quindi da considerarsi un comportamento a rischio per la salute psico-fisica e sociale della persona in quanto spesso è evolutivo verso la forma patologica della quale comprende alcuni tratti salienti. Fa riferimento a una condizione comportamentale in cui sono presenti alcuni meccanismi cognitivi o motivazionali che illustrano l’irrazionalità del pensiero, elemento questo che assume carattere distintive rispetto alla dimensione sociale del gioco.

Distorsioni cognitive, illusioni di controllo, prevedibilità delle vincite, tutti elementi che fanno da scenario all’attività del giocatore il quale manifesta un distacco sempre maggiore dalle precedenti abitudini, caratteristiche di personalità, obiettivi a breve-medio termine.

Caratteristica fondamentale del giocatore rimane, comunque, la conservata possibilità di ridurre il comportamento ludico, spesso per via delle prime, negative, conseguenze che la stessa pratica comincia a comportare. All’inizio, spiega l’autore, il gioco si manifesta nelle sue dimensioni sociali, un momento di svago, distrazione, fuga, il semplice desiderio di vivere un’esperienza appagante. Il gioco, dal momento in cui se ne verifica la partecipazione, permette di alleviare il senso di insoddisfazione trasformandola in un “movente”. Man mano che la condotta del giocatore diventa sempre più immorale e frequente, che i debiti aumentano, le relazioni sociali e familiari subiscono conseguenze, il benessere iniziale lascia spazio ad un senso di costrizione al gioco, mascherata dal tentativo di recuperare le numerose perdite. E’ proprio a questo livello che avvengono delle modificazioni sostanziali nel sistema di convinzioni, ragionamenti, e valori personali.In una sorta di rapimento sensoriale il soggetto valuta in maniera distorta i dati sensoriali, sopravvaluta le proprie possibilità di vincita, pone maggiormente in risalto le vittorie a discapito delle sconfitte, crede che il caso sia in debito, che da un momento all’altro il fato concederà una grossa vincita. Sebbene sembri difficile operare una distinzione tra giocatore patologico e sociale, si può tuttavia indicare una precisa sintomatologia  che contraddistingue il giocatore patologico:

- Psicologico: ossessione del gioco, senso di onnipotenza,     presunzione, nervosismo, irritabilità, ansia, alterazioni del tono dell’umore, persecutorietà, senso di colpa, alterazioni dell’autostima,     tendenza alla superstizione, aumento dell’impulsività, distorsione della realtà;

- Fisico: alterazioni dell’alimentazione, cefalea, conseguenze fisiche dell’utilizzo di sostanze stupefacenti o alcol, sintomi fisici d’ansia(tremori, sudorazione, ecc.);

- Sociale: danni economici, danni morali, danni sociali, danni familiari, danni lavorativi, difficile gestione del denaro, isolamento sociale.

Spesso i segnali di tale trasformazione sono evidenti e facilmente riconoscibili:

 

- Grande quantità di tempo e denaro spesi nel gioco d’azzardo;

- Eccessivo nervosismo e l abilità emotiva;

- Insonnia;

- Riduzione della quantità e qualità di tempo trascorso in famiglia;

- Abbandono delle proprie responsabilità di coniuge e genitore;

- Calo dell'efficienza lavorativa, continue assenze sul luogo di lavoro;

- Modificazione del proprio concetto di moralità sino ad arrivare a commettere atti illeciti;

Gioco d’azzardo patologico o gambling.

In questa fase in cui il gioco assume i connotati patologici, del comportamento fuori controllo, il soggetto sperimenta grosse perdite e notevoli problemi familiari, frutto delle continue menzogne e delle ingenti somme scommesse e sottratte all’economia familiare. Questo atteggiamento si configura come gambling e viene diagnosticato quale GAP, un atteggiamento compulsivo verso il gioco, la cui dinamica può essere comparata ad altre forme disagio, nonostante in questo caso non sia coinvolta una “sostanza”.  Nelle fasi iniziali il giocatore ha fatto esperienza di un’intensa sensazione di piacere, sia essa dovuta a una vincita inaspettata e sostanziosa, sia invece il frutto di una “fuga” mentale da uno stato di disagio interiore. Qualsiasi sia l’origine di tale sensazione, il giocatore ha come unico obiettivo rivivere le medesime sensazioni.  La “grande vincita”, sempre piacevolmente ricordata dal paziente durante la fase dell’’inquadramento diagnostico, funge così da meccanismo di rinforzo all’idea di essere “fortunato”, l’idea di essere in procinto di vincere guida l’agire compulsivo. Il soggetto perde di vista i costi individuali e sociali cui va incontro: difficoltà familiari, minore produttività lavorativa, possibilità di chiedere prestiti ad usurai e, magari, anche guai con la giustizia a fronte di atti criminali.

L’approccio Cognitivo –Comportamentale per il gioco d’azzardo patologico.

Gli esponenti dell’approccio cognitivo comportamentale propongono un’interpretazione del fenomeno intesa come processo complesso che risente di numerosi fattori. Dal punto di vista comportamentale la pratica ludica disfunzionale è simile ad ogni altro comportamento appreso, iniziata e mantenuta da rinforzi positivi e negativi. Di solito è presente una grossa vincita che innesca il nuovo repertorio comportamentale. La persona tenderà a replicare il gioco come possibilità di rivivere lo stesso stato emotivo e come via di fuga da altri ritenuti spiacevoli. Alcuni comportamenti sti attribuiscono il gioco patologico alla ripetuta ricerca di questo stato di arousal .In assenza del gioco la persona sperimenta uno stato di sofferenza simile a quello provato nei casi di astinenza da qualsiasi droga o sostanza. I recettori nervosi che regolano e mantengono il gioco d’azzardo patologico sono i medesimi, è facile comprendere, quindi, quanto difficile possa essere interrompere questo circolo vizioso. L’eccitazione generata dal gioco e le vincite occasionali, infatti, incoraggiano il soggetto a giocare ulteriormente complici alcune convinzioni irrazionali che guidano l’agire compulsivo. Quando il gioco si mantiene a livelli alti, i meccanismi cognitivi diventano sempre più importanti. In tale circostanza, le credenze che favoriscono l ’ottimismo prendono il sopravvento, sono ormai difficili da fronteggiare perché rientrano nel sistema di convinzioni del soggetto il quale non ne è direttamente consapevole. Secondo il modello cognitivista, il fattore predisponente principale che fa divenire il gioco d’azzardo da sociale a patologico è il desiderio di guadagnare dei soldi. Spesso tale circostanza si accompagna a periodi di maggiore stress e vulnerabilità del soggetto il quale, a fronte della più debole capacità di far fronte alla situazione stressante, sviluppa una serie di errate valutazioni cognitive degli eventi sperimentati. Si tratta di quelle distorsioni cognitive che rendono il soggetto insensibile agli eventi avversi da lui stesso generati:crede di poter prevenire alcune situazioni casuali in base a “calcoli”(illusioni di controllo) o altre credenze. La mente umana attribuisce significati, opera con senso logico “arbitrario”, e spiega i dati percettivi in maniera ingannevole, risentendo di numerosi bias (interferenze) cognitivi.  Ciò porta il soggetto a ripetere i suoi tentativi di gioco anche quando le sue conseguenze diventano gradualmente insostenibili. Attraverso un esperimento, Ladoucer e walker (1996) dimostrarono come i fattori cognitivi siano determinanti nello sviluppo e nel mantenimento del gioco problematico. Ai soggetti dell’esperimento era chiesto di pensare ad alta voce mentre giocavano al black jack, alla roulette, al video poker, alle slot machine. I risultati evidenziano che il 75% delle percezioni erano erronee la maggior parte deriva dalla nozione di azzardo. Ciò porta i giocatori ad alimentare illusioni di controllo e favorisce l’idea che potessero predire i risultati di questi giochi.

 

Principali distorsioni cognitive

1.Illusione di controllo

Aspettativa di successo personale erroneamente alta rispetto a quanto l’obiettivo possa garantire”. I giocatori considerano il gioco d’azzardo come un gioco d’abilità e gli eventi casuali sono considerati dalle persone come dipendenti dalla propria volontà, come se fossero sotto il loro controllo.  

2. Fallacia di Montecarlo

Detto anche Fallacia del Giocatore ,si verifica all’illusione di controllo si può aggiungere quando il giocatore tende a sopravvalutare la propria probabilità di successo in seguito ad una sequenza di giocate sfortunate o di scommesse perse.

3.Attesa di guadagno negativa

L’attesa di guadagno riguarda ciò che un giocatore “spera” di vincere, sul lungo termine, nel gioco in cui è impegnato. Tale regola mostra un errore di fondo e cioè è matematicamente impossibile che un giocatore che giochi in modo ripetitivo recuperi il denaro perso. Non si può rifare delle perdite subite. Se i giochi d’azzardo producono profitti agli organizzatori, non possono arricchire nello stesso tempo anche l’insieme di           giocatori.

4.Superstizione

Il giocatore sviluppa facilmente credenze, rituali, superstizioni nella convinzione che portino fortuna o sfortuna. Si può fare una stima, assieme al soggetto, delle pratiche  che lui adotta durante il gioco o nei momenti subito precedenti in modo tale da    effettuare una lettura critica e razionale della loro effettiva utilità.

5. Quasi Vincita

Il giocatore che sfiora la vincita (per es. quando esce il numero precedente o successivo  a quello giocato), si illude di essere prossimo alla vincita e si auto-motiva nel continuare a giocare.

6.Memoria Selettiva

Il giocatore tende a ricordare più facilmente le vincite che non le perdite, che vengono    minimizzate. Questo meccanismo è determinato da due ordini di fattori: Il primo   consiste nel fatto che la vincita, in questo contesto, specie se iniziale, comporta un livello di attivazione maggiore delle perdite. Queste ultime sono, in un certo senso, messe in conto nella pratica stessa del gioco, più frequenti, e quindi hanno una  rilevanza minore nel sistema cognitivo del soggetto. Non a caso il meccanismo di   mantenimento del comportamento da gioco d’azzardo è un rinforzo di tipo   intermittente.Il secondo riguarda il fatto che il soggetto, nel corso di una pratica   compulsiva, tende a selezionare i dati che confermano la propria tesi (in questo caso distorsione cognitiva)piuttosto che quelli che la disconfermano. Alla base di tale    processo vi è la teoria della dissonanza di Festinger (1973)secondo la quale gli individui mirano alla coerenza con se stessi, ovvero alla coerenza tra credenze, opinioni, atteggiamenti, e comportamenti. In caso contrario il soggetto sperimenta uno stato di disagio il quale paradossalmente è il punto di partenza per il processo di ristrutturazione cognitiva.

La psicoterapia cognitivo comportamentale

Il trattamento psicoterapeutico si basa su un modello che mette in relazione l’ampio repertorio di emozioni, pensieri e comportamenti che la persona sperimenta durante la pratica ludico compulsiva. La terapia C.C. è breve, favorisce l’autonomia e diminuisce i rischi di ricadute. La collaborazione è essenziale e incentrata sul presente. Tra le modalità disponibili vi sono programmi residenziali, trattamenti ambulatoriali, individuali e di gruppo, counseling individuale e familiare. Il trattamento può, e in genere deve, comprendere anche la comorbilità di patologie psichiatriche e la risoluzione di quelle problematiche economiche che inducono il soggetto a perdurare, spesso, in uno stato di continua allerta ed insicurezza. L’approccio cognitivo-comportamentale, in abbinamento al counseling finanziario, nonché al trattamento farmacologico delle patologie psichiatriche concomitanti, compone una tipologia di trattamento trai più efficaci e duraturi nel tempo. Il trattamento, a partire da un’immediata interruzione della pratica del gioco, prevede l’individuazione di tutti quei vissuti (emozioni e sentimenti) e convinzioni (pensieri e idee) che hanno guidato il repertorio del gioco fino a quel momento. Attraverso tecniche quali la disputa razionale, le esperienze guidate, e le esposizioni con prevenzione della risposta (ERP), il terapeuta guida il soggetto alla consapevolezza delle principali distorsioni che guidano il comportamento compulsivo, e promuove l’individuazione di pensieri e convinzioni più funzionali di quelli sostenuti in precedenza. La psicoterapia cognitivo comportamentale, riconoscendo in questa condizione una grande complessità e difficoltà di trattamento, ripone molta importanza ad un altro fondamentale aspetto del trattamento, il counseling finanziario realizzato dalla figura di un tutor, di solito un familiare, che prende in carico ogni aspetto relativo alle finanze. Nel corso di tale tutoraggio, il soggetto si impegna a rendicontare ogni spesa o introito, mediante scontrini ed ogni altra forma di certificazione. Inoltre, il tutor dispone di tutti i depositi finanziari del soggetto (carte di credito, carte prepagate, bancomat, libretti) ed eroga puntualmente lo stretto necessario perle necessità ritenute essenziali. Il tutor, assieme al soggetto in trattamento, contrattano le modalità di tutoraggio assieme al terapeuta. Le sessioni di terapie, infatti, prevedono sessioni individuali (terapeuta e/o paziente) e di gruppo (terapeuta e tutor). Nelle sessioni  finali sono previsti momenti di psicoeducazione per la prevenzione delle ricadute che si svolgono attraverso incontri in gruppo sullo stile degli alcolisti anonimi e training individuali per il controllo degli stimoli e dei fattori scatenanti, esposizione in vivo, social skill training e tecniche si problem solving e training assertività.

L’approccio act e mindfulness

Rispetto all’approccio cognitivo comportamentale classico, il quale punta alla “correzione” delle convinzioni disfunzionali e promuove anche l’utilizzo delle tecniche di rilassamento come stato antagonista all’attivazione fisiologica, gli approcci di terza generazione mirano all’ampliamento del repertorio comportamentale anche in presenza di stati fisiologici intensi, piuttosto che all’eliminazione o riduzione delle esperienze avversive. In tal senso si è dimostrata particolarmente efficace la tecnica della mindfulness (es. Li et al, 2017;Chiesa e Serretti, 2014).

Si è riscontrata una maggiore efficacia rispetto ad altri interventi nel ridurre la frequenza e l'intensità della condotta compulsiva rispetto agli altri interventi, compreso quello cognitivo comportamentale classico. Da non sottovalutare, inoltre, la maggiore compliance al trattamento (Li et al, 2017). Nel caso specifico delle dipendenze da gioco, la mindfulness promuove l’ampliamento e il consolidamento di nuovi atteggiamenti e comportamenti, coerenti con obiettivi e valori del soggetto, piuttosto che con il vissuto emotivo o le proprie convinzioni. Attraverso la mindfulness si allena a “stare” nel momento presente anche in presenza di stati avversivi, favorendo il qui e ora e uno stato di consapevolezza. Queste tecniche sono particolarmente utili nelle fasi di prevenzione delle ricadute, momento in cui il craving comporta il fattore di rischio maggiore per l’interruzione del periodo di astinenza. Interventi basati sulla mindfulness, infatti, permettono una maggiore efficaci nel tempo dei risultati ottenuti e l’estensione degli stessi anche ad altri aspetti della vita del pazienti che , inevitabilmente, hanno risentito della condotta del gioco.

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