Depressione Maggiore

L’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la depressione come la seconda causa di disabilità tra le malattie fisiche e psicologiche. Nel mondo 340 milioni di persone soffrano di depressione . La fascia di età più colpita è quella compresa tra 30 e 49 anni. Circa il 15% delle

persone nel corso della loro vita hanno sperimentato un episodio di depressione (una donna su 4 e un uomo su otto). All'origine del disturbo depressivo maggiore si riconoscono fattori genetici predisponenti e specifiche alterazioni nei circuiti cerebrali   che   controllano   il   tono   dell'umore,   l'affettività   e   alcune   funzioni   biologiche fondamentali (appetito, sonno, sessualità ecc.).   Tutti abbiamo sperimentato, nel corso della nostra vita, un calo passeggero dell’umore, uno stato di tristezza misto a irritabilità e scarsa voglia di fare qualsiasi cosa. Per quanto questo possa causare disagio e sofferenza non si tratta di un disturbo clinicamente significativo, la depressione, infatti, si manifesta attraverso diversi livelli di gravità e attraverso sintomi di tipo emotivo, comportamentale e cognitivo   di   gravità   tale   da   interferire   significativamente   con   le   normali   attività   della persona.   Le   persone   che   soffrono   di un   disturbo   depressivo,   infatti,   vivono   in   una condizione di frequente umore negativo, con pensieri svalutativi, pessimistici e ipercritici circa se stessi, il mondo esterno (relazioni, lavoro, affetti etc) il proprio futuro.

Come si manifesta

La sintomatologia tipicamente è più intensa al mattino e migliora nel corso della giornata, ma vi sono delle eccezioni. La depressione può manifestarsi con diversi livelli di gravità. Si   può   soffrire   di depressione in   modo acuto (con   fasi   depressive   molto   intense   ed improvvise) oppure soffrirne in modo cronico e continuo, anche se in forma leggera, con alcuni improvvisi momenti di peggioramento. 

Tra   i   principali   sintomi   che   caratterizzano   l' episodio depressivo maggiore vanno ricordati:

  • ‍Ampio repertorio di emozioni che compromettono la qualità dell’umore:   tristezza, angoscia, disperazione, senso di colpa, vuoto, mancanza di speranza nel futuro 
  • ‍Marcata  riduzione d’interesse  nelle  attività  abituali, e ridotta  capacità  di  trarre piacere da situazioni e circostanze che in passato suscitavano piacere;​
  • ‍Riduzione o incremento del senso di fame con evidente perdita di peso o aumento del peso corporeo;
  • ‍Difficoltà   a   prendere   sonno   o   a   riaddormentarsi   dopo   essersi  svegliato   prima dell’ora in cui sarebbe stato programmato il risveglio;
  • Frequente affaticabilità e mancanza di energie che limitano lo svolgimento delle attività quotidiane;
  • ‍Ridotta capacità di concentrazione ed efficienza cognitiva;
  • ‍Irritabilità o frustrazione.
  • ‍Pensieri di morte ricorrenti, ideazione suicidaria o tentativi di suicidio.
  • ‍Pianto immotivato, una o più volte al giorno.
  • ‍Dolori fisici diffusi non riconducibili ad una causa specifica;
  • ‍Riduzione del desiderio sessuale;

Spesso   la   depressione   nasce   dall’incapacità   di   accettare   una   perdita   o   il   non raggiungimento di un proprio scopo (che viene vissuto come un fallimento insuperabile) o dalla percezione di allontanamento  da  un valore  personale, soprattutto  se dovuto  a responsabilità diretta personale. Si tratta per esempio di tutte le forme depressive che nascono   da   lutti   personali   piuttosto   che   dalla   perdita   del   lavoro   o   dalla   rottura   di un’importante relazione affettiva.

Caratteristiche distintive

In   ambito   comportamentale   è   possibile   individuare   alcuni   elementi   chiave   della depressione: stress ed eventi ambientali, problemi interpersonali, vulnerabilità cognitiva, evitamento esperienziale, ruminazione mentale: 

  • Eventi   ambientali  antecedenti:  eventi  di   vita   molto  stressanti  (es.,  la  morte,  il divorzio, la perdita del posto di lavoro), sia l’accumulo di molteplici fattori di stress lievi   (es.   lo   stress   legato   al   lavoro,   alle   faccende   domestiche   o   ai   problemi finanziari), predicono l’insorgenza, il mantenimento, e la ricaduta degli episodi di depressione (Billings, Moos, 1984; Kessler, 1997; Mazure, 1998; Monroe, depue, 1991; Paykel, 1982). 
  • Uno scarso supporto sociale aumenta il rischio di depressione (Brown, Harris, 1978; Monroe, depue, 1991) e di conseguenza la mancanza di partecipazione attiva in questa direzione contribuisce al mantenimento del disturbo depressivo.
  • Dal punto di vista cognitivo si ritiene che la vera causa del disturbo risieda  natura individuale dell’interpretazione degli eventi, piuttosto che gli eventi stessi. Secondo la   teoria   della   depressione   di   Beck,   durante   l’infanzia   gli   individui   depressi sviluppano uno schema negativo a seguito di eventi altamente stressanti, come la perdita di un genitore, il rifiuto dei pari, o il convivere con un familiare depresso. Lo schema rimane latente fin quando il soggetto si trova ad affrontare un evento negativo,   in   quella   circostanza   influenza   l’elaborazione   dell’informazione, distorcendola e favorendo la produzione e la successiva focalizzazione nei confronti di pensieri a contenuto negativo (pensieri automatici negativi). Questo pregiudizio negativo viene descritto nei termini di una triade cognitiva – una visione negativa del mondo   (l’impossibilità   di   superare   gli   ostacoli   attuali),   di   se   stessi   (carenza personale), e del futuro (mancanza di speranza in merito al fatto che le co- se possano cambiare). 
  • Evitamento   esperienziale,   nell’ottica   delle   terapie   cognitivo   comportamentali classiche e di quelle terza generazione ,  sono descritte come una mancanza di disponibilità   a   rimanere   in   contatto   con   particolari   esperienze   private   interne (emozioni, pensieri, sensazioni) e socio-relazionali esterne (contatti sociali, relazioni amicali, attività lavorativa, svago e divertimento). L’evitamento esperienziale non è una spiegazione della depressione; piuttosto ne è conseguenza (cosi come per altri disturbi) e allo stesso tempo fattore di mantenimento. Sia nell’uno che nell’altro caso, l’evitamento contribuisce a mantenere l’umore depresso perché non permette alla persona di sperimentare brevi stati mentali positivi (es. un leggero senso di efficacia personale), ne di constatare che in realtà non è cosi incapace come crede di essere, o di vivere esperienze piacevoli e gratificanti (es. uscire a fare una passeggiata o a prendere un caffe con un amico), verso le quali torna a sviluppare​una maggiore motivazione ad agire in tal senso. 
  • Ruminazione   mentale :   continuo   e   ripetitivo   interrogarsi   sulle   cause   e   sulle conseguenze dei propri problemi e delle proprie difficoltà (es. perché capita proprio a me? Perché sono fatto cosi? Perché sto cosi male? Cosa faccio di sbagliato? Cosa non va in me?) Gli studi hanno dimostrato che la ruminazione svolge un ruolo di primaria importanza nel mantenimento della depressione poiché impedisce di guardare al futuro e di sviluppare strategie per affrontare i problemi e le difficoltà. Infine sembra che la ruminazione associata al perfezionismo si riveli ancor più dannosa; 
  • Fusione con i pensieri. Ogni volta che un pensiero negativo si presenta la persona non riesce a separare il livello della realtà dal contenuto dei pensieri, agisce pertanto specifiche azioni e comportamenti, atteggiamenti in risposta alle emozioni suscitate dal pensiero dal quale non si riesce ad assumere la giusta distanza, verso il   quale   si   è   appunto   fusi.   L’atteggiamento   opposto,   de-fusione,   permette   alla persona di assumere una maggiore distanza nei confronti del pensiero e del suo contenuto, assumendo un grado di libertà maggiore attraverso cui agire.

Criteri diagnostici:

All’interno del DSM 5, la condizione di depressione maggiore viene caratterizzata da “episodi distinti di almeno 2 settimane di durata che comportano nette modificazioni affettive, cognitive e nelle funzioni neurovegetative, e remissioni inter-episodiche. Per poter porre diagnosi di Depressione maggiore sono individuati specifici criteri (DSM 5): 

A. Cinque   (o   più)   dei   seguenti   sintomi   sono   stati   contemporaneamente   presenti durante un periodo di 2 settimane e rappresentano un cambiamento rispetto al​precedente livello di funzionamento; almeno uno dei sintomi è 1) umore depresso o 2) perdita di interesse o piacere: 

1. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, come riportato dall’individuo o come osservato da altri. Per bambini e adolescenti l’umore può essere irritabile; 

2. Marcata diminuzione d’interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni; 

3. Significativa perdita di peso, non dovuta ad una dieta, o aumento di peso, oppure diminuzione o aumento dell’appetito quasi tutti i giorni; 

4. Insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni; 

5. Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi tutti i giorni; 

6. Faticabilità o mancanza di energia quasi tutti i giorni; 

7. Sentimenti   di   autosvalutazione   o   colpa   eccessiva   o   inappropriati   (che possono essere deliranti), quasi tutti i giorni; 

8. Ridotta capacità di pensare o concentrarsi, o indecisione, quasi tutti i giorni; 

9. Pensieri ricorrenti di morte, ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico o un tentativo di suicidio o un piano specifico per commettere suicidio; 

B. I   sintomi   causano   disagio   clinicamente   significativo   o   compromissione   del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

C. L’episodio   non   è   attribuibile   agli   effetti   fisiologici   di   una   sostanza   o   un’altra condizione medica. 

La caratteristica essenziale di un episodio depressivo maggiore è un periodo di almeno due settimane durante il quale vi è la presenza di umore depresso o la perdita di interesse o piacere in quasi tutte le attività (Criterio A).

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