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Aisf promuove il gruppo Mindfulness per la Fibromialgia

Il gruppo mindfulness neltrattamento della Fibromialgia

 

<<Ci sono cinque cose che nessun monaco, nessun brahmano, nessun Dio,neanche il demone

tentatore (Mara) e neppure Brahma, né alcun essere al mondo possono fare.Quali sono queste cinque cose? Che colui che è soggetto ad invecchiamento noninvecchi; che colui che è soggetto ad infermità non si ammali; che colui che èsoggetto a morte non muoia; che quanto è soggetto a decadimento non decada; chequanto è soggetto a passare non passi>>. (Pratityasamutpada ,AN III,60)

 

La malattia

 

La fibromialgia è una sindrome di dolore muscolare cronico definita dall’American College of Rheumatologycome “una condizione di dolore cronico diffuso con caratteristici tender points (punti dolenti allapressione)”. In Italia ne soffrono quasi due milioni di persone, soprattuttodonne.  Dolore vertebrale, alle spalle,alla nuca, agli arti, sia superiori che inferiori. Scarsa qualità del sonno condifficoltà ad addormentarsi e frequenti risvegli che comportano la difficoltà ariposare adeguatamente. Ipersensibilità al caldo, al freddo, al contatto concerti tessuti o superficie, affaticamento cronico e svariati disturbidell’umore. Difficoltà a condurre una vita piena e soddisfacente con costantilimitazioni e rinunce, sia lavorative che socio-relazionali. Si tratta di una sindromemuscolo-scheletrica ad andamento cronico che colpisce soprattutto l’apparatomuscolare ed alcune strutture ossee, come i tendini, provocando unasintomatologia che si caratterizza per dolore diffuso ed una iper-sensibilitàsensoriale. Ad una prima analisi dei sintomi, potrebbe apparire come unapatologia articolare o addirittura artrite, ma di solito non si tratta dialcuna di queste o di qualsiasi altra condizione. Una recente definizione ladescrive come: “unasindrome da sensibilizzazione centrale, caratterizzata da disfunzione deineurocircuiti, che coinvolgono la percezione, la trasmissione e laprocessazione degli stimoli nocicettivi afferenti, con la prevalentemanifestazione di dolore a livello dell’apparato locomotore”. Recenti studi (Minerbi, A., e collaboratori, 2019) hannomesso in evidenza un’importante correlazione tra la malattia e la presenza/assenzadi certi batteri nel nostro organismo; la loro accresciuta o diminuita presenzaè direttamente correlata, in alcuni casi, con la gravità dei sintomi. Ladifficoltà a porre una diagnosi certa di fibromialgia ha determinato perdecenni una condizione di grande incertezza, gli stessi malati, vittime di atteggiamentiquali superficialità, dubbiosità rispetto alla reale presenza o meno deldisturbo, sono spesso state additate come nevrotiche o addirittura deisimulatori. Solo negli ultimi 10-15 anni si è potuto approfondire la conoscenzadi questa malattia, che in Italia interessa circa 1.5-2 milioni dipersone, soprattutto di sesso femminile (alcuni ricercatorisono tuttavia convinti che, a causa delle difficoltà di diagnosi, sia anche piùdiffusa). Non esiste ad oggi una cura perguarire dalla fibromialgia, ma i medici hanno a disposizione molteplici farmacie opzioni terapeutiche per aiutare a controllare e gestire i sintomi, tra cuianche l’esercizio fisico, le tecniche di rilassamento e riduzione dello stress.Tra gli interventi più efficaci, finalizzati alla riduzione dellasintomatologia dolorosa, ottimi risultati sono stati grazie agli interventi cheprevedono il cambiamento delle abitudini alimentari. Spesso, chi soffre diFibromialgia presenta anche intolleranze alimentari di vario tipo, tra cui ilglutine ma non solo. Intraprendere un’alimentazione più attenta a queste edaltre esigenze ha contribuito, in molti casi, ad una riduzione netta di granparte dei sintomi. Purtroppo questo non vale in tutti i casi, la malattiainfatti si presenta in modalità notevolmente diverse da persona a persona. Intal senso appare chiara la necessità di un intervento trasversale a tutte leforme e fasi della malattia, intervento che punti non esclusivamente allariduzione della sintomatologia, quanto piuttosto all’ampliamento del repertoriocognitivo comportamentale. Chi vive la malattia, infatti, sperimentaconseguentemente anche un ritiro progressivo rispetto ai principali ambiti divita: relazioni, studio, lavoro, affetti, tempo libero, attività ricreative,sperimentando conseguentemente vissuti emotivi di tipo ansioso depressivi.Questi cambiamenti sono dovuti in gran parte alla presenza scomoda einvalidante delle sensazioni dolorose che rendono difficile, se non impossibileagire come si vorrebbe. Altre volte, invece, sono frutto di scelte arbitrarieagite nel tentativo di ridurre al minimo le possibilità di sperimentare isintomi che accompagnano la malattia. Questo accade come conseguenza al modo incui la nostra mente anticipa le circostanze future, individuando in esse situazionidifficili da gestire, e la presenza di quel dolore che rende la vita terribile.In tal senso le persone evitano luoghi, persone, circostanze e innescano unalotta “persa in partenza”.

 

Approccio cognitivocomportamentale (ACT) al dolore cronico

 

Secondol’approccio psicologico di matrice cognitivocomportamentale, soprattutto nella sua accezione di terza generazione (ACT– Acceptance and Commitment Therapy) gli esseri umani, nel tentativo dieliminare dolore e sofferenza dalle loro esperienze, adottano strategie“paradossali” che, a lungo termine, limitano fortemente le loro vite edamplificano ancora di più la percezione stessa del dolore. Secondo laprospettiva dell’ ACT (Acceptance andCommitment Therapy) esistono due componenti del dolore,il dolore pulito e quello sporco.Per dolore pulito si intende quello naturalmente connesso allavita di tutte le persone, legato prevalentemente alla sfera biologica. È fuoridal nostro controllo, non possiamo scegliere, pertanto, quando e come liberarcene.Parliamo di dolore “pulito” anche quando siamo di fronte ad una fortesofferenza emotiva, dovuta per esempio ad un lutto o ad ogni altro evento cheabbia “oggettivamente” il potere di provocare dolore e sofferenza. Il doloresporco, invece, è quel tipo di dolore, o meglio “sofferenza”, che proviamo neltentativo di eliminare o contrastare il dolore pulito; la conseguenza di quellestrategie mentali (mediate dal linguaggio) attraverso cui tentiamo di capire il“perché” di quel dolore, le sue “conseguenze” a lungo termine ed il suo“impatto” sul nostro benessere. Di fronte a questi interrogativi, molto spesso,la nostra mente descrive scenari e circostanze dolorose da sostenere.Immaginiamo un futuro in cui il nostro benessere è seriamente compromesso ed incui il dolore rappresenta un serio ostacolo alla realizzazione dei nostriscopi. Questi pensieri, e non il dolore di per sé, rappresentano l’innesco peril “dolore sporco”. La conseguenza del tentativo di fuga dagli eventi internispiacevoli (dolore, sensazioni, pensieri) determina paradossalmente un nuovoset di sentimenti dolorosi. L’ approccio dell’ACT  (Acceptanceand Commitment Therapy), per tramite della mindfulness e di altre tecniche dimatrice cognitivo comportamentale,  sipropone non tanto di eliminare il dolore (non perché non voglia ma perchéimpossibile) quanto piuttosto di cambiare rapporto con l’esperienza dolorosa.Quando entriamo in lotta contro il dolore, quando cerchiamo di capirlo, diattribuirlo a cause specifiche o responsabilità, stiamo inevitabilmentescegliendo di porre la nostra vita in stand by, ponendola al secondo postorispetto all’esigenza di controllo delle emozioni e dei pensieri (ex. “Quandostarò meglio, allora accompagnerò mia figlia a teatro..”). Il gruppo mindfulness si accompagna lapersona attraverso una dimensione, quella terapeutica, che mira a far emergereil paradosso e l’infattibilità delle strategie agite fino a quel momento, qualiper esempio il problem solving verbale(perché a me? Cosa vuol dire questa situazione? Cosa ha determinato lamalattia?)  l’evitamento esperienziale (evitare certi luoghi, certe attività,certe persone) ponendo la persona in contatto esperienziale con i costi chederivano dall’uso di tali strategie. L’ACT che prende il suo nome da uno deisuoi messaggi centrali: “cambiaatteggiamento verso  quello che è al difuori del nostro controllo personale, come può appunto essere il dolore,impegnati attivamente nel fare qualunque cosa possa migliorare la qualità dellatua vita.  sottolinea l’importanza diaccettare piuttosto che tentare di controllare esperienze e pensieri negativi”(Hayes, Strosahl, & Wilson, 1999, 2012).

Centraleè il ruolo della mindfulness. Essa sidefinisce come la capacità di prestare attenzione, in modo intenzionale e nongiudicante all’esperienza interna (emozioni, sensazioni, pensieri) nel momentoin cui essa accade, ossia il momento presente, notando attivamente ciò cheaccade piuttosto che fuggire da esso. Non è un atteggiamento naturale dellanostra mente, piuttosto potrebbe essere definito come atteggiamento controintuitivo, che si apprende e si allena con la pratica quotidiana. Ilpresupposto non è quello di agire una riduzione dei sintomi, spesso avvienecome conseguenza, quanto abbandonare la lotta verso tutto quello che producesofferenza ma che, inevitabilmente, nel momento in cui si cerca dicontrastarlo, si amplifica ancora di più. Essa promuove la flessibilitàpsicologica, ossia la possibilità di agire comunque in funzione dei propriobiettivi, anche in presenza di sensazioni fastidiose ma compatibili con ilnostro agire. Lo scopo dell’ACT è di aiutare le persone a costruireuna vita ricca e significativa, mentre gestiscono in modo efficace il dolore elo stress che la vita inevitabilmente porta.

 

“Nonsarò mai felice se il dolore non cesserà”

“Nonpotrò più fare qualcosa senza questo dolore e sarò sempre sofferente”

“Dovròsempre limitarmi”

“E’inutile uscire se tanto dovrò stare male”

“Lamaggior parte delle persone è felice, perché io no?”

 

Secondol’ACT, quando questi pensieri si presentano nella nostra mente, tendiamo adassumere nei loro confronti un atteggiamento definito di “fusione psicologica”. In tal senso, tendiamo a gestire la realtàcome se il contenuto dei nostri pensieri fosse reale, come se le circostanzeche immaginiamo dovessero realmente aver luogo. Se assumiamo come reale l’ideache “uscendo starò male, non riuscirò agodere della presenza dei miei amici” è molto probabile che possasviluppare uno stato di disagio e di conseguenza rinunciare ad uscire. Questoatteggiamento, conseguente spesso allo stato di “fusione psicologica” determinal’ “evitamento esperienziale”.Questo atteggiamento descrive il modo in cui proviamo a gestire il dolore,soprattutto quando le persone lo associano a certe situazioni e circostanze: “se esco starò male”, di conseguenzarinuncio ad uscire (evitamento) nel tentativo di non far emergere il dolore.Per mezzo dell’evitamento esperienziale, molte persone che soffrono dicondizioni croniche come la fibromialgia, nel tentativo di tenere a bada ildolore e le sensazioni, rinunciano ad aspetti rilevanti come le amicizie, lerelazioni, il tempo libero ed il divertimento, il lavoro e la formazione.Questa ulteriore condizione, associata allo “stress” causato dal dolore,concorre alla comparsa di uno stato ansioso depressivo. In queste condizioni,si struttura e consolida un circolo vizioso che mantiene lo stato di disagio esofferenza. E’ vero che agire il dolore non si riduce come si vorrebbe maspesso la sua intensità è meno invasiva di come si “pensa”. Gli attualistandard di psicoterapia non si muovono esclusivamente verso la possibilità diridurre il dolore, piuttosto promuovono l’ampliamento del repertoriocomportamentale anche in presenza di un vissuto interiore fatto di sensazioniintense e pensieri negativi. In tal modo si ristabilisce un’adeguatapartecipazione ai contesti di vita più significativi. In secondo luogo,attraverso la mindfulness, si promuovono la costruzione di un atteggiamentodiverso verso il dolore, non più di lotta ed evitamento, non più il tentativodi comprendere o monitorare, viene costruita piuttosto la ben più funzionalecapacità di stare con tutto ciò che è fuori del nostro controllo. In tal modosi consente alla nostra mente di scoprire che quello stesso dolore, primaintollerabile, se lasciato “decantare” nel tempo, esso stesso cambia e, perchéno, si riduce. Gli studi[1];2 che hanno tentato di valutarel’efficacia della mindfulness nelle sindromi fibromialgiche hanno dimostratouna notevole efficacia nel ridurre i livelli di stress associati al dolore, nelpromuovere la ripresa di un adeguato repertorio comportamentale, più funzionaleagli standard che ogni persona desidera per la propria vita.

 

Il gruppo mindfulness

 

Ilgruppo Mindfulness è condotto da uno psicologo psicoterapeuta con specificaformazione clinica legata alla mindfulness ed alla psicoterapia cognitivocomportamentale.  Si basa su unametodologia esperienziale, grazie alla quale sperimentare l’infattibilità dellestrategie cognitivo comportamentale e acquisirne di nuove, più funzionali.Ampio spazio verrà offerto all’ascolto delle esperienze personali al fine diindividuarne limiti ed opportunità. Questi diventano risorsa e patrimonio peril gruppo, il quale ne diviene custode nel tempo in favore dei nuovi membri.Offrendo al gruppo la propria esperienza, i partecipanti permettono al gruppodi individuare eventualmente strategie più efficaci a problemi comuni o dicondividerne alcune già di per sé funzionali. Questo stesso momento, inoltre, èutile a far emergere vissuti interni (emozioni, pensieri, sensazioni) verso cuisperimentare la successiva esperienza della mindfulness. Il gruppo è compostoda parsone che condividono un requisito fondamentale, la fibromialgia, èpertanto un gruppo di pari alla presenza di un facilitatore. I partecipantisono disposti in cerchio, ha durata di circa 90 minuti e si svolgerà concadenza mensile.


1Elizabeth Cash et al,Mindfulness Meditation Alleviates Fibromyalgia Symptoms in Women: Results of aRandomized Clinical Trial, Annals ofBehavioral Medicine, Volume 49, Issue 3, June 2015, Pages 319–33;

2 Van Gordon, W. , Shonin, E. ,Dunn, T. J., Garcia‐Campayo, J. and Griffiths, M. D. (2017), Meditation awareness training forthe treatment of fibromyalgia syndrome: A randomized controlled trial. Br JHealth Psychol, 22: 186-206.

 

 

 

 

 

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