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I primi secondi durante un attacco di panico!

Sentiamo spesso testimonianze di quanto terribile possa essere fare esperienza di un attacco di Panico. Nonostante se ne sappia abbastanza, in pochi conoscono caratteristiche e dinamiche che regolano la comparsa, evoluzione e mantenimento del disturbo.

Sarebbe opportuno precisare, prima di tutto, che esistono due livelli del PANICO:

1) Il panico;
2) Il disturbo da attacco di panico;

1) Il primo rappresenta un meccanismo adattivo della mente e del corpo, di fronte a situazioni (interne ed esterne) percepite pericolose e pertanto da evitare. É un’esperienza più comune di quanto si possa pensare. Solo una piccolissima percentuale di chi ha fatto esperienza del panico svilupperà successivamente il disturbo.

2) Il disturbo da attacco di panico colpisce circa il 2-4% della popolazione, e rappresenta uno stato di estrema, pervasiva e invalidante condizione di vita che rende problematico lo svolgimento di qualsiasi attività personale.

È frutto delle conseguenze fisiologiche di uno stato di iperventilazione, a seguito del quale si attivano processi di respirazione atipici, che la persona fraintende. Soffocare, svenire, avere un infarto, sono le condizioni più comuni che vive la persona con il disturbo.

Spesso si associa ad una condizione definita AGORAFOBIA, ad indicare che questa condizione è frequente soprattutto in condizioni specifiche quali luoghi affollati, spazi aperti, allontanamenti da luoghi conosciuti e ritenuti sicuri. Condizione in cui, quindi, vengono a mancare punti di riferimento, utili in caso di necessità. La persona che vive questa condizione, dopo avere sperimentato il primo attacco di panico, “registra” ogni sensazione attraverso un processo cognitivo di “cambiamento funzione stimolo” a seguito del quale ciò che prima era ritenuto normale, una leggere tachicardia, assume successivamente un significato diverso, diventando il segnale “arbitrario” che si sta presentando un nuovo attacco di panico.

Da quel momento la persona:

- Avvia una costante attività di monitoraggio delle sensazioni interne, nel tentativo di tenere sotto controllo la situazione;

- Evita ogni situazione o circostanza ritenuta collegata al disturbo ed in grado di favorirne la comparsa;

- Attiva una serie di meccanismi protettivi nel tentativo di ridurre lo stato di tensione, e stare al sicuro dal pericolo. Si reca in luoghi affollati solo in presenza di persone fidate, assume farmaci ansiolitici;

- Assume uno stato di “fusione cognitiva” con pensieri e idee che affollano la sua mente e guidano i suoi atteggiamenti nel tentativo di comprenderne l’eventuale rischio e sviluppare una strategia adeguata;

A riguardo, vorrei soffermarmi sullo stato di fusione cognitiva. Come descritto in vignetta, durante le prime fasi di un disturbo, dopo avere NOTATO le “normali sensazioni fisiche”, magari in contesti non consueti, queste vengono fraintese ed ETICHETTATE verbalmente:

“Sto morendo” “sto soffocando” “é un infarto”.

In uno stato di fusione cognitiva, la persona interpreta i pensieri come circostanze reali, e vi reagisce con reazioni di allarme anche dal punto di vista fisiologico. Aumenta la frequenza cardiaca e respiratoria, aumenta la sudorazione e compaiono giramenti di testa.

Cosa accade dopo?

La persona interpreta questo come la
conferma che realmente sta accadendo quanto temuto, gestisce pertanto le circostanze in modo coerente con le sue convinzioni.

Se fossi estremamente convinto di avere un attacco di panico, di certo cercherei aiuto, e lo farei contro ogni tentativo di convincermi del contrario. Mi recherei in ospedale, mi allontanerei da un luogo affollato, eviterei di andare in certi luoghi.

A queste condizioni, vivere diventa estremamente gravoso e problematico.

La terapia cognitivo comportamentale lavora nel tentativo di ristabilire un adeguato repertorio di attività ed atteggiamenti funzionali al benessere e lo fa favorendo atteggiamenti di defusione e consapevolezza, e quindi di flessibilità Psicologica.

Non si tolgono le emozioni o le sensazioni, non si modificano i pensieri , non se ne individuano di più positivi, piuttosto si costruiscono nuove abilità, tra cui quella di fare spazio anche alle sensazioni ed ai pensieri, rinunciando a capirli o modificarli, ma trattandoli come qualcosa che ha sede dentro di noi e che non ha il potere di condizionare le nostre scelte.

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Salvatore Torregrossa, Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale San Cataldo Caltanissetta

September 25, 2018

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