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Cosa cambia nel cervello di una persona con fobia quando sceglie di agire guidata dalle proprie paure?

Il nostro cervello è stato descritto spesso come macchina perfetta, i suoli miliardi di neuroni la rendono irraggiungibile pure dai i più sofisticati computer e strumenti informatici. Purtroppo questa splendida macchina non sempre agisce in modo perfetto, anzi sono più le volte in cui agiamo in modo imperfetto che il contrario. Sto forse dicendo che il nostro cervello è molto più difettoso di quanto si sia sempre creduto? 

Assolutamente no. Ma credo che si debba rivalutare il concetto di perfezione. In natura non esistono processi perfetti, sarebbe più corretto dire ottimali. Il nostro cervello agisce ed interagisce con il contesto circostante (sia esso interno che esterno) in modo funzionale e ottimale alle circostanze. 

Non sempre una bacca di colore rosso è buona da mangiare, per quanto possa essere identica ad un'altra che invece lo è. Non sempre le macchie che si intravedono tra i cespugli in un prato appartengono al mantello di un ghepardo, soprattutto se quel cespuglio si trova in pieno centro abitato, eppure il nostro cervello è programmato per vedervi un potenziale pericolo. A poco vale che le probabilità che si tratti di un ghepardo siano pari allo 0,2 %. In quella circostanza, soprattutto in in base alla nostra storia personale abbiamo avuto esperienze di aggressioni da parte di animali feroci (apprendimento per condizionamento classico), la nostra mente vedrà prima un ghepardo e per questo motivo medierà la produzione di ormoni specifici che hanno il compito di allarmarci attivando le risposte fisiologiche e quindi favorire la fuga. Questo ragionamento non sarà di certo perfetto ma sicuramente ha evitato che quello 0,2% di probabilità che il pericolo potesse presentarsi si palesasse proprio in quella circostanza. Risultato? Salvezze e salvaguardia della specie. Il nostro cervello ha vinto. Cosa accadrebbe se invece di fuggire da quel cespuglio, scegliessimo di avvicinarci e attraversare la strada proprio dal lato del cespuglio piuttosto che fare il giro dell'isolato? Un gruppo di neuroscienziati dell' University of Pennsylvania, Yale University, Columbia University and Duke University, hanno scoperto che quando decidiamo di agire comportamenti alternativi a quelli che forniscono subito una ricompensa (rinforzo positivo e rinforzo negativo) che agiamo normalmente in modalità "pilota automatico" si attiva un'altra area del sistema nervoso. I circuiti del nostro cervello che ci permettono di concentrarci su un compito particolare, in modo specifico uno che porta alla ricompensa, sono ben noti", ha detto Michael Platt, professore alla James S. Riepe University nei dipartimenti di psicologia, neuroscienza e marketing di Penn. "Questi si sono evoluti molto presto nella storia della vita su questo pianeta." Quello che è meno stabilito è quale processo nel cervello induce le persone a rompere da una routine, specialmente quando ciò comporta rischi potenziali, come accade per esempio quando soggetti con atteggiamento fobico, verso un oggetto o animale o sensazione fisica come accade nel caso di aracnofobia per esempio (fobia dei ragni), scelgono di accarezzare avvicinarsi all'oggetto delle loro paure, nel nostro caso un ragno. Gli studiosi hanno realizzato due esperimenti che coinvolgevano un gruppo di scimmie macachi che erano indotti a scegliere tra una ricompensa immediata (un frutto subito) ed una più incerta (un frutto dopo aver agito una certa azione). Simultaneamente al comportamento dei macachi in entrambi gli esperimenti, Platt e i suoi colleghi hanno notato un incremento dell'attività neurale di un gruppo di neuroni che si trovava nella regione posteriore della corteccia cingolata. L'attività di questi neuroni iniziava ad incrementarsi già da quando la scelta diventava un'opzione possibile per poi raggiungere il suo picco nel momento in cui la scimmia agiva diversamente per il frutto dopo. Gli studiosi hanno compreso, dopo diverse comparazioni e analisi dei risultati, che il picco dell'attività neurale non era una conseguenza della scelta quanto una premessa perchè la scelta potesse avvenire. Tale scoperta ha dei risvolti notevoli nello studio dei comportamenti in soggetti fobici che agiscono scelte di evitamento o di altro tipo in funzione della possibilità di non fare esperienza di circostanze ritenute pericolose. che registrato il comportamento dei neuroni nella corteccia cingolata posteriore. L'attività neurale si è accumulata fino a quando non ha raggiunto il picco, a quel punto gli animali hanno cambiato rotta, rivelando la prova correlazionale che questo picco nella funzione cerebrale porta al pensiero e all'azione divergenti piuttosto che a causa di esso. 

Ulteriori studi hanno dimostrato che attraverso una stimolazione esterna di queste zone del cervello, per esempio attraverso la metodica della stimolazione transcortcale, è possibile favorire l'azione di scelte divergenti rispetto ad una routine e quindi rompere il meccanismo di condizionamento indotto dalle fobie. Oltre alla stimolazione transcorticale esistono tecniche meno invasive, soprattuto quelle agite in un percorso di stimolazione cognitiva o psicoterapia, che permettono di attivare e potenziare tali aree favorendo una maggiore flessibilità psicologico e quindi scelte diverse da quelle indotte dal disturbo. La Relational Frame Theory, ed in genere l'approccio cognitivo comportamentale, hanno nel proprio repertorio di tecniche e metodiche, numerose esperienze che permettono di ottenere tale risultato, per esempio le tecniche immaginative di mindfulness.

https://www.psypost.org/2017/10/researchers-discover-brain-region-motivates-behavior-change-49995

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