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Depressione. Conoscerla per curarla.

Conoscere la Depressione per curarla. L’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la depressione come la seconda causa di disabilità tra le malattie fisiche e psicologiche. Nel mondo 340 milioni di persone ne soffrono. La fascia di età più colpita è quella compresa tra 30 e 49 anni. Circa il 15% delle persone nel corso della loro vita hanno sperimentato un episodio di depressione (una donna su 4 e un uomo su otto). All'origine del disturbo si riconoscono fattori genetici predisponenti e specifiche alterazioni nei circuiti cerebrali che controllano il tono dell'umore, l'affettività e alcune funzioni biologiche fondamentali (appetito, sonno, sessualità ecc.). Tutti abbiamo sperimentato, nel corso della nostra vita, un calo passeggero dell’umore, uno stato di tristezza misto a irritabilità e scarsa voglia di fare qualsiasi cosa. Per quanto questo possa causare disagio e sofferenza non si tratta di un disturbo clinicamente significativo. La depressione, infatti, si manifesta attraverso diversi livelli di gravità e attraverso sintomi di tipo emotivo, comportamentale e cognitivo di gravità tale da interferire significativamente con le normali attività della persona. Chi soffre di un disturbo depressivo vive una condizione di frequente umore negativo, con pensieri svalutativi, pessimistici e ipercritici circa se stessi, il mondo esterno (relazioni, lavoro, affetti etc) il proprio futuro (Triade Cognitiva, Beck. 1976). 

Quali sono i sintomi del disturbo depressivo?

La sintomatologia è tipicamente più intensa al mattino e migliora nel corso della giornata. Può manifestarsi con diversi livelli di gravità. Si può soffrire di depressione in modo acuto (con fasi depressive molto intense e improvvise), in modo cronico e continuo (distimia) anche se in forma leggera, o con alcuni improvvisi momenti di peggioramento alternati a momenti di estrema euforia o maniacalità (disturbo bipolare). 

Tra i principali sintomi che caratterizzano l' episodio depressivo maggiore vanno ricordati:

 • Ampio repertorio di emozioni che compromettono la qualità dell’umore (tristezza, angoscia, disperazione, senso di colpa, vuoto, mancanza di speranza nel futuro) 

• Marcata riduzione d’interesse nelle attività abituali, e ridotta capacità di trarre piacere da situazioni e circostanze che in passato suscitavano piacere; 

• Riduzione o incremento del senso di fame con evidente perdita di peso o aumento del peso corporeo; 

• Difficoltà a prendere sonno, a riaddormentarsi dopo essersi svegliato prima dell’ora in cui sarebbe stato programmato il risveglio; 

• Frequente affaticabilità e mancanza di energie che limitano lo svolgimento delle attività quotidiane; 

• Ridotta capacità di concentrazione ed efficienza cognitiva; • Irritabilità o frustrazione.

• Pensieri di morte ricorrenti, ideazione suicidaria o tentativi di suicidio. 

• Pianto immotivato, una o più volte al giorno. 

• Dolori fisici diffusi non riconducibili a una causa specifica; 

• Riduzione della libido e del desiderio sessuale; 

Quali sono i fattori che determinano un disturbo depressivo? 

Spesso i sintomi depressivi compaiono a seguito di eventi e circostanze specifiche o come risultato di atteggiamenti mentali che si attivano a risposta dei medesimi eventi esterni. Tra gli eventi “grilletto” che hanno maggiore probabilità di attivare gli specifici processi cognitivi della depressione rientrano tutti quegli eventi, reali o percepiti, che le persone valutano come potenzialmente privi di soluzione o verso i quali non percepiscono alcuna possibilità di azione o intervento. Lutti, delusioni, fallimenti, giudizi, valore personale, sono questi alcune delle circostanze che attivano una risposta depressiva da parte dell’organismo e della nostra mente. E’ necessario, però, effettuare una distinzione tra depressione biologica e depressione cognitiva. Nel primo caso facciamo riferimento a uno stato adattivo dell’organismo, in comune con molti altri esseri viventi, che sviluppiamo in tutte quelle circostanze o condizioni ambientali estremamente stressanti o che potrebbero metterci in serio pericolo (per esempio un orso che ci costringe a rimanere rifugiati dentro una grotta) e verso i quali percepiamo di non avere alcuna possibilità di azione o intervento. In questi casi l’unica soluzione è “risparmiare” energie in attesa che le condizioni possano cambiare, che l’orso possa stancarsi ed andare via permettendoci di uscire. Questa condizione biologica è il frutto di un apprendimento definito appunto “impotenza appresa” (learned helplessnes). I primi a condurre degli esperimenti e parlarne furono Seligman e Maier. Attraverso un esperimento in laboratorio, la cui etica è di certo molto discutibile, notarono che alcuni cani chiusi in gabbia, sottoposti a lievi ma fastidiose scosse elettriche, dopo una prima fase in cui tentarono con tutte le loro forze di fuggire sbattendo ripetutamente contro le grade della gabbia, assumevano un atteggiamento estremamente compassato e remissivo. Avevano “appreso” che a nulla sarebbero valse le loro fatiche, era utile quindi “deprimere” il loro organismo in attesa che il pericolo esterno cessasse. Noi esseri umani, a differenza degli animali, grazie soprattutto alla comparsa del linguaggio, abbiamo sviluppato una forma di depressione diversa, o meglio abbiamo sviluppato la facoltà di apprendere un senso di “impotenza” (learned helplessnes) anche in funzione di eventi interni (pensieri, ricordi, convinzioni) ossia rappresentazioni della realtà mediate dalla nostra mente ma non necessariamente aderenti alla realtà. In poche parole reagiamo alla vista dell’orso fuori dalla caverna ma anche all’idea dell’orso fuori dalla caverna, l’orso infatti potrebbe essersi stancato ma l’idea che sia fuori continua a mantenere il nostro stato. Quest’ultimo processo, mediato dal nostro sistema cognitivo, dà il via ai medesimi sintomi depressivi, con la sola differenza che in questo caso sono dovuti non a circostanze tangibili ma alla loro rappresentazione mentale. Oggi reagiamo non solo ai problemi ma anche e soprattutto all’idea dei problemi. Quali sono gli elementi che caratterizzano il disturbo? 

E’ possibile individuare alcuni elementi riconducibili al disturbo depressivo: stress ed eventi ambientali, problemi interpersonali, vulnerabilità cognitiva, evitamento esperienziale, ruminazione mentale: 

• Eventi ambientali antecedenti: eventi di vita molto stressanti (es. morte, divorzio, perdita del posto di lavoro), sia l’accumulo di molteplici fattori di stress lievi (es. lo stress legato al lavoro, alle faccende domestiche o ai problemi finanziari), predicono l’insorgenza, il mantenimento, e la ricaduta degli episodi di depressione (Billings, Moos, 1984; Kessler, 1997; Mazure, 1998; Monroe, depue, 1991; Paykel, 1982); 

• Uno scarso supporto sociale aumenta il rischio di depressione (Brown, Harris, 1978; Monroe, depue, 1991) e di conseguenza la mancanza di partecipazione attiva in questa direzione contribuisce al mantenimento del disturbo depressivo; 

• Dal punto di vista cognitivo si ritiene che la vera causa del disturbo risieda nella natura individuale dell’interpretazione degli eventi, piuttosto che gli eventi stessi. Secondo la teoria della depressione di Beck, gli individui depressi sviluppano uno schema negativo a seguito di eventi altamente stressanti, come la perdita di un genitore, il rifiuto dei pari, o il convivere con un familiare depresso. Lo schema rimane latente fin quando il soggetto si trova ad affrontare un evento negativo in quella circostanza influenza l’elaborazione dell’informazione, distorcendola e favorendo la produzione e la successiva focalizzazione nei confronti di pensieri a contenuto negativo (pensieri automatici negativi). Questo pregiudizio negativo è descritto nei termini di una triade cognitiva – una visione negativa del mondo (l’impossibilità di superare gli ostacoli attuali), di se stessi (carenza personale), e del futuro (mancanza di speranza in merito al fatto che le co- se possano cambiare); 

• Evitamento esperienziale, nell’ottica delle terapie cognitivo comportamentali classiche e di quelle terza generazione, sono descritte come una mancanza di disponibilità a rimanere in contatto con particolari esperienze private interne (emozioni, pensieri, sensazioni) e socio-relazionali esterne (contatti sociali, relazioni amicali, attività lavorativa, svago e divertimento). L’evitamento esperienziale non è una spiegazione della depressione; piuttosto ne è conseguenza (cosi come per altri disturbi) e allo stesso tempo fattore di mantenimento. Sia nell’uno che nell’altro caso, l’evitamento contribuisce a mantenere l’umore depresso perché non permette alla persona di sperimentare brevi stati mentali positivi (es. un leggero senso di efficacia personale), nè di constatare che in realtà non è cosi incapace come crede di essere, o di vivere esperienze piacevoli e gratificanti (es. uscire a fare una passeggiata o a prendere un caffe con un amico), verso le quali torna a sviluppare una maggiore motivazione ad agire in tal senso; 

• Ruminazione mentale: continuo e ripetitivo interrogarsi sulle cause e sulle conseguenze dei propri problemi e delle proprie difficoltà (es. perché capita proprio a me? Perché sono fatto cosi? Perché sto cosi male? Cosa faccio di sbagliato? Cosa non va in me?) Gli studi hanno dimostrato che la ruminazione svolge un ruolo di primaria importanza nel mantenimento della depressione poiché impedisce di guardare al futuro e di sviluppare strategie per affrontare i problemi e le difficoltà.

Infine sembra che la ruminazione associata al perfezionismo si riveli ancor più dannosa; 

• Fusione con i pensieri. Ogni volta che un pensiero negativo si presenta la persona non riesce a separare il livello della realtà dal contenuto dei pensieri, agisce pertanto specifiche azioni e comportamenti, atteggiamenti in risposta alle emozioni suscitate dal pensiero dal quale non si riesce ad assumere la giusta distanza, verso il quale si è appunto fusi. L’atteggiamento opposto, de-fusione, permette alla persona di assumere una maggiore distanza nei confronti del pensiero e del suo contenuto, assumendo un grado di libertà maggiore attraverso cui agire. Criteri diagnostici secondo il DSM5 All’interno del DSM 5, la condizione di depressione maggiore si caratterizza per “episodi distinti di almeno 2 settimane di durata che comportano nette modificazioni affettive, cognitive e nelle funzioni neurovegetative, e remissioni inter-episodiche. 

Per poter porre diagnosi di Depressione maggiore sono individuati specifici criteri (DSM 5): 

A. Cinque (o più) dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti durante un periodo di 2 settimane e rappresentano un cambiamento rispetto alprecedente livello di funzionamento; almeno uno dei sintomi è 1) umore depresso o 2) perdita di interesse o piacere: 

1. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, come riportato dall’individuo o come osservato da altri. Per bambini e adolescenti l’umore può essere irritabile; 

2. Marcata diminuzione d’interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni; 

3. Significativa perdita di peso, non dovuta ad una dieta, o aumento di peso, oppure diminuzione o aumento dell’appetito quasi tutti i giorni; 

4. Insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni; 

5. Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi tutti i giorni; 

6. Faticabilità o mancanza di energia quasi tutti i giorni; 

7. Sentimenti di autosvalutazione o colpa eccessiva o inappropriati (che possono essere deliranti), quasi tutti i giorni; 

8. Ridotta capacità di pensare o concentrarsi, o indecisione, quasi tutti i giorni; 

9. Pensieri ricorrenti di morte, ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico o un tentativo di suicidio o un piano specifico per commettere suicidio; 

B. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

C. L’episodio non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o un’altra condizione medica. La caratteristica essenziale di un episodio depressivo maggiore è un periodo di almeno due settimane durante il quale vi è la presenza di umore depresso o la perdita d’interesse o piacere in quasi tutte le attività (Criterio A).

January 9, 2018

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