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Elaborazione del lutto, 5 utili strategie per affrontarlo efficacemente con l' ACT (Acceptance And Commitment Therapy)

 Quante volte abbiamo sentito pronunciare queste frasi, quante volte, di fronte ad un lutto o una perdita importante, ci siamo proposti di raggiungere quello che queste frasi suggeriscono, e quante volte ci siamo resi conto di non riuscire a farlo, soprattutto nei tempi in cui pensavamo si potesse fare? Se anche tu hai vissuto ciò che ho appena descritto, è probabile che la tua mente ti stia suggerendo che c’è qualcosa di sbagliato in te, qualcosa che vada aggiustato o corretto.Ti assicuro invece che è qualcosa di completamente normale e naturale, qualcosa di estremamente comune tra gli esseri umani, e lo è anche ciò che la tua mente ti suggerisce e sottolinea della tua integrità e salute. La nostra mente ama raccontare storie sulla vita, su noi stessi e sulle cose che ci accadono. Tra le cose che ci suggerisce più spesso possiamo individuare l’idea che il dolore e la sofferenza siano qualcosa su cui poter avere controllo, quindi che ci sia un modo concreto per ridurlo o metterlo in pausa a nostro piacimento. Tra tutti gli eventi in grado di provocare dolore, di certo è necessario ricordare il lutto e le perdite di persone care, senza trascurare l’impatto che hanno avuto e potrebbero avere le perdite di animali domestici per tanti di noi. Il lutto è un evento unico, con il quale interagiamo sotto numerosi diversi aspetti: emotivo, cognitivo, fisiologico, comportamentale, sociale, religioso, etc. La perdita di qualcuno, qualcuno che non tornerà più, soprattutto se quella persona ha contribuito a farci vivere esperienze emotive e relazionali rilevanti, produce un duplice dolore: derivante dall’interruzione qui e ora di queste esperienze significative (lutto fisiologico che ha una durata misurabile in circa 6 mesi) , e quello che emerge dall’immaginare un futuro in assenza di queste possibili esperienze significative (lutto cognitivo, potenzialmente infinito, dipende dal nostro rapporto con i pensieri e le idee della perdita e del futuro).

 

“Benché molti animali siano in grado di inviare segnali di pericolo ai propri simili, solo la specie umana li può trasmettere di generazione in generazione senza avere contatto diretto con quel pericolo specifico e può insegnare ai propri cuccioli a descriverne anche di assenti, in modo da prepararsi ad affrontarli.E avvertire l’assenza/presenza di qualcuno o qualcosa anche lontani nel tempo o nello spazio è una componente fondamentale di questo processo di “allerta dai pericoli”. Se non “avvertiamo” l’assenza di cibo, di vestiti, di acqua, di calore, di confort, non possiamo ottenerli, conservarli, organizzare la nostra vita per vivere e prosperare. Avvertire l’assenza e concepire ciò che accadrà ci aiuta a funzionare nella vita, permettendoci di pianificare le piccole e grandi azioni della nostra esistenza, dalla gestione della carriera e della casa, dall’istruzione alla spesa. Ma tutto ha un prezzo. Quando apprendiamo da piccoli a confrontare ciò che abbiamo indossato con ciò che ci manca per vestirci, a preparare la cartella per l’indomani, a fare i compiti, deriviamo anche la capacità di parlare di chi e cosa ci manca in termini di persone, affetti, parti importanti del- la nostra vita. C’è un altro meccanismo che a valle interferisce e amplifica le emozioni e i pensieri legati all’ assenza, all’ abbandono, alla mancanza, al lutto. Accade spesso che la mente ci riporti lì, a chi ci manca. Rimuginiamo, anche nel tentativo di venirne a capo, discendere a patti con le sensazioni che le ruminazioni ci provocano. E alla nostra mente non piacciono le sensazioni che ci fanno soffrire. Cosa facciamo nella nostra vita quando c’è qualcosa che non funziona o non ci piace? Se è nel mondo “fisico”, per esempio una camicia lisa o una borsa bucata, le buttiamo o cerchiamo di ripararle. Ma se è la mente a proporci pensieri, ricordi, suggestioni che ci fanno stare male, come cerchiamo di controllarli e di evitarne gli effetti? I nostri pensieri e le sensazioni che evocano ci accompagnano sempre e non possiamo abbandonarli in un bidone da riciclo. Quante volte lottiamo per “rimuovere” quelle sensazioni e quei pensieri legati alla perdita: la tristezza del lutto, lo sconforto dell’abbandono, l’ansia della solitudine? La nostra mente, però, funziona come un bravo direttore di supermercato: più compriamo un prodotto, più esso viene esposto in primo piano sugli scaffali per invitarci a ricomprarlo. Più tentiamo di non pensare, di non avvertire, di soffocare, di distrarci, di allontanare i pensieri e le emozioni che non ci piacciono, più essi si presentano alla nostra attenzione, si amplificano e ci fanno soffrire. (Presti G. “L’assenza è presenza di affetti e dolore, di dolce e amaro” intervento nel nr. 264 Nov-Dic 2017 “La fine” – Psicologia contemporanea, Rivista)

Il prezioso intervento del prof. Giovambattista Presti mette in evidenza il modo in cui la nostra mente ci spinge ad approcciarci ai ricordi ed al dolore che il lutto suscita. Attività come la rimuginazione e i viaggi nel futuro sono prerogative di una mente che agisce come processo di problem solving nel tentativo di ridurre la sofferenza e concederci un’idea di futuro più favorevole.

Gli esseri umani vivono secondo la regola “soffrire è sbagliato, se non riesco ad interrompere il dolore non potrò vivere la mia vita, non potrò fare altro di utile o importante”. “L’ unico modo in cui è normale vivere è nella gioia e felicità, che deve durare a lungo ed essere del nostro controllo”. Questo set mentale è comune e simile in tutti gli esseri umani ed è mediato dalle caratteristiche cognitive del linguaggio e del pensiero. Altre regole sono condivise e rinforzate culturalmente, tra queste le regole relative al lutto: “Superare il lutto è possibile se si smette di soffrire, se non si smette di soffrire per la perdita di qualcuno non si è superato il lutto, si è difettosi o inadeguati a vivere”.

Quest’ultima aspettativa rispetto al lutto e al dolore conseguente, confluendo nella più ampia configurazione mentale con cui gli esseri umani vengono al mondo (si deve avere controllo sul dolore e vivere una vita in cui vi sia solo felicità), determinano il rigido fallimento dei tentativi che agiamo di assolvere alle regole di vita, e questa stessa circostanza determina la comparsa di una ulteriore quota di dolore e sofferenza (componente cognitiva del lutto). I ricordi e le immagini delle persone defunte sono il primo elemento cognitivo con cui entriamo in contatto, assieme agli elementi della perdita su cui si basa il rimuginio, sono gli elementi cognitivi che determinano spesso la comparsa del lutto cognitivo, ossia l’insieme delle emozioni derivanti dal nostro atteggiamento di lotta e fuga verso e dal dolore. Tra gli atteggiamenti di lotta, i più comuni sono: le domande (Perché? Perché a me? Perché a lui/lei? Perché adesso? Come faccio a sopportare l’assenza/mancanza? Come potrò vivere una vita senza?); i tentativi di impedire che compaiano immagini o ricordi del proprio caro, sia felici che dolorosi; monitoraggio delle sensazioni fisiche o condotte di evitamento rispetto a quelle situazioni o circostanze che potrebbero causare dolore o sofferenza (eventi, ricorrenze, persone, indumenti, etc). Queste strategie, definite “disperazione creativa” sono un tentativo estremo, appunto creativo, di aver la meglio sul dolore, ma che spesso lo amplificano e mantengono nel tempo.  Nell’ambito delle terapie cognitivo comportamentali di terza generazione, l’ ACT promuove un nuovo modello di sofferenza, intesa non come la semplice presenza di dolore quanto dal tentativo successivo di combatterlo o ridurlo. Con l’ ACT riformuliamo anche il concetto di felicità, intesa non come una vita in assenza di dolore quanto piuttosto come una vita in cui il dolore e la sofferenza che sperimentiamo come condizione stessa dell’essere in vita (è normale soffrire e provare dolore, per le più svariate cause), non sono da ostacolo al vivere fatto di scelte ed azioni in direzione dei nostri valori e obiettivi. Questo nuovo concetto di felicità prende il nome di Flessibilità Psicologica ed è alla portata di tutti, indipendentemente dalla loro condizione o dal loro dolore.

 

Aisling Curtin, psicologa psicoterapeuta Irlandese, ha sviluppato un modello clinico basato sull’ ACT per affrontare efficacemente il lutto. Lei stessa porta la sua personale esperienza, all’età di 14 anni ha perso il fratello a seguito di un incidente stradale. A distanza di 20 anni dalla morte il suo ricordo è ancora vivo, soprattutto nei momenti e circostanze che innescano il ricordo del fratello o domande del tipo “Chissà cosa avrebbe fatto o pensato”,  e la sua mente, descrive l’autrice, le pone domande sul fatto che sia normale o meno continuare ad essere sconvolta per la sua perdita, e questo innesca ricordi e sensazioni difficili da sostenere.

 

Ha individuato 5 azioni e strategie che le hanno permesso di affrontare al meglio questo dolore e le insidie della sua mente.

 


1. In quale circostanza ti trovi adesso?

Nessuno esiste nel vuoto. Saremo più portati a pensare e a soffrire in alcuni momenti più che in altri. Mio fratello avrebbe compiuto 30 anni il 18 d’Aprile e io mi sposerò quest’estate. È normale e naturale per me avere pensieri del tipo “Mi chiedo cosa avrebbe fatto Shane in questo momento e come avrebbe festeggiato i suoi 30 anni”. Inoltre, c’è da spettarsi che la mia mente generi commenti e pensieri sul desiderio che mio fratello avesse potuto conoscere la mia futura sposa e viceversa. Quindi, se tu o qualcuno che ami state soffrendo per un vostro caro più del solito, c’è quasi sicuramente una risposta da ricercare nel contesto. È stata una perdita recente? O una perdita grande e inaspettata?Forse sta succedendo qualcosa nel momento presente che scatena una quantità maggiore di pensieri a proposito della persona da te amata?


2. La gentilezza verso te stesso è fondamentale

Nonostante sia molto facile cadere nella tentazione di auto-commiserarsi e vergognarsi per i pensieri e le sensazioni che emergono, questo ti porterà molto probabilmente ad acutizzare il tuo dolore. Molti di noi hanno più problemi a donare compassione a se stessi piuttosto che agli altri.Hai probabilmente già sentito di quanto possa essere utile pensare ad una persona specifica che abbia subito un lutto simile al tuo e immaginare come vorresti relazionarti con lei. Come se stessi osservando te stesso in un video, pensa alle cose che potresti fare verso questa persona, a quali parole useresti per mostrare la gentilezza verso i tuoi cari. Non hai nemmeno bisogno di offrire questa gentilezza a te stesso, non ancora. Tutto ciò di cui hai bisogno è la sola disponibilità a immaginare di concederti questa gentilezza.


3. Onora la memoria del tuo caro.

Può essere incredibilmente utile pensare ad un piccolo gesto per onorare la persona che hai perso. Nel mio caso ho deciso di scrivere questo testo per riconoscere quanto mio fratello Shane significasse per me, e come la sua perdita mi abbia motivato ad intraprendere la carriera come psicologo. L'ansia che ho sperimentato dopo la sua morte mi ha aiutato a connettermi in modo molto più profondo con i pazienti che sperimentano ansia e le persone che hanno subito perdite simili, e credo che anche Shane avrebbe voluto questo.

 
4. Rimani connesso con gli altri.

Connettiti ogni giorno ad almeno una persona compassionevole. Può essere la stessa persona più volte o più persone. La tentazione di bloccarti e di smettere di rispondere ai messaggi e alle chiamate durante un momento di dolore potrebbe essere molto forte. Potresti smettere di programmare impegni con la tua famiglia o con gli amici, o semplicemente annullarli all'ultimo momento. È una parte tremenda di come è fatto l’ essere umano, sentire spesso l'esigenza di rifiutare il contatto con gli altri nel momento in cui forse ne ha più bisogno. Nel dolore del lutto, sentiamo l'impulso di intraprendere molte delle azioni che caratterizzano la depressione, come ad esempio la tendenza ad isolarsi, rimanere a letto, annullare programmi, mangiare un sacco di dolci, esagerare con gli alcolici, procrastinare e rimanere preda di un rimuginio mentale davvero inutile.Sfortunatamente questo è esattamente quello che può far aumentare il dolore e allontanare gli altri da te.


5. Entra in contatto con i tuoi valori.

Molti di noi sono così spaventati dalla morte e dal fatto di dover morire che evitano di affrontare la domanda su come vorrebbero che gli altri li ricordassero quando avranno lasciato questa Terra. Per quanto mi riguarda, vorrei che le persone dicessero che ho vissuto a pieno la mia vita, che ho giocato al meglio le mie carte e che ho lasciato un contribuito significativo agli altri. Posso onestamente dire che tutti e tre questi aspetti siano stati amplificati anche dalla morte precoce di mio fratello. Questo evento mi ha portato a guardare la mia vita in un modo più profondo di quanto non avessi mai avuto la tendenza o il desiderio di fare prima. E tu, come vorresti essere ricordato?

 

 

Quando ti viene nostalgia non è mancanza, è presenza, è una visita, arrivano persone, paesi, da lontano e ti tengono un poco di compagnia.
 
ErriDe Luca

 

 

Quando ci renderemo conto che nulla, dentro di noi, deve cambiare a quel punto l’intera nostra vita ci apparterrà realmente. Non è l’assenza di dolore o la sua presenza che potrà scegliere se vivere o no la nostra vita, bensì quanto importante possa essere per noi viverla anche in presenza di questo dolore.

 

 

Sitografia

 

Potete approfondire l’articolo della dott.ssa Aisling Curtin al link seguente.

 

https://www.google.it/amp/s/www.psychologytoday.com/ie/blog/fostering-compassion/201704/it-wouldve-been-my-brothers-30th-birthday-today%3famp

 

 

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