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Il sè che osserva: diventare osservatori della propria esperienza e smettere di soffrire!

Tra le cose che più feriscono il nostro animo, limitano il nostro benessere, spesso troviamo le nostre stesse parole, i nostri stessi pensieri:

"Avresti dovuto fare meglio"
"Sei proprio una brutta persona"
"Avresti dovuto evitarlo"
"Non meriti l'affetto di quella donna, di quell'uomo"

La nostra mente trascorre gran parte del tempo ad etichettare le nostre azioni, il nostro passato, il nostro valore. Questo produce grande dolore e sofferenza, e ci spinge in azioni ed atteggiamenti al fine di ottenere un "benestare" che, a nostro dire, ci consentirebbe di continuare a vivere serenamente ed in pace con noi stessi.

Sensi di colpa, critiche, etichette, per quanto dolorose e fastidiose, sono espressione di una mente assolutamente sana e comune. Non sei il solo a cui accade questo, accade a me, al tizio che legge dalla Puglia, alla ragazza che legge da Mazzarino, alla donna che sbircia durante la pausa caffè.

Non tutti, però, sviluppano lo stesso tipo di sofferenza, non tutti lottano con queste parole o pensieri. La differenza è proprio nell'atteggiamento con cui gestiamo questa caratteristica della nostra mente, non nelle parole stesse, in fin dei conti si tratta solo di lettere dell'alfabeto messe assieme secondo un ordine logico, la lingua Italiana.

E se queste stesse critiche fossero in una lingua diversa dalla nostra che non conosciamo? Farebbero lo stesso effetto? Probabilmente no!

Il nostro valore, il nostro cammino, la nostra vita, tutto questo è molto più di ogni singola parola che si presta a descriverla.

Noi siamo molto più dei nostri pensieri, delle nostre sensazioni, delle nostre emozioni!

Anche in presenza dei più pesanti sensi di colpa, essi rappresentano solo una minima parte del nostro io, della nostra persona.

Siamo noi che scegliamo, momento dopo momento, quale peso attribuirvi: un vincolo ad agire o lo sfondo su cui agire?

Tu decidi!

March 6, 2019

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